…lettura
La percentuale di italiani che comprano libri sul Risorgimento – segnala Andrea Romano su Il Sole di ieri – è ridottissima, l’1.3 per cento di tutti i libri venduti tra il 2007 e il 2009. Il nostro Ottocento non è proprio, sembra, il più appetibile dei periodi storici, molto di più tirano il Medioevo o la Roma antica. Insomma, Mazzini non interessa più nessuno, di Garibaldi non c’è più memoria. Il problema è serio, e tanto più in questi mesi che precedono il 150 anniversario dell’Unità italiana. Ma è l’Ottocento, il secolo delle virtù borghesi, del romanticismo, degli ideali patriottici, ad apparirci grigio, o è il fatto che finora nessuno ha saputo raccontarcelo in modo da affascinarci? Quando ero giovane, devo ammetterlo, era un secolo che mi appariva noioso e piatto. Troppo vicino e al tempo stesso tanto lontano. Fu così che il secolo dell’Unità d’Italia restò per me un buco nero, tanto che da docente ci passai oltre il più possibile, con disinvoltura. Resta però aperta la domanda sul perché noi storici non siamo stati capaci di raccontare, trasmettere, narrare il formarsi della nostra coscienza nazionale. Forse per colpa del fascismo, che l’ha seguito, o per un’estraneità al nazionalismo? O c’è dell’altro, più profondo, una mancanza di emozione e di identificazione? Non so rispondere, ma mi rendo conto che è una domanda che va divenendo sempre più importante.
Anna Foa, storica