dialogo…

Forse è stata l’aria leggera di Purim con le sue maschere e i cambi di identità. Forse è stata l’aria austera della Quaresima, in attesa della recitazione dell’oremus. Sta di fatto che in questi ultimi giorni gli organi di comunicazione cattolici, anche ai massimi livelli, sono tornati a dedicare un’insolita attenzione alle storie di convertiti, dal padre Daniel all’Israel-Italo-Eugenio-Maria già rabbino di Roma. Di queste storie non si è parlato con il distacco dell’analisi storica, ma con il tono di chi vuole indicare con affetto ai cari fratelli ebrei l’exemplum edificante del corretto comportamento, perchè siete sì fratelli, ma ancora non avete visto la luce. Decisamente il modo più inopportuno per fare dialogo. Certo che ad usare certi esempi ci vuole anche un bel coraggio. Dell’ex rabbino si racconta, tra l’altro, che avrebbe deciso di finire di mangiare il maiale (cosa che da ebreo faceva di nascosto) in un momento preciso della sua vita, appena convertito. Un modo per dire che in tutte le sue migrazioni spirituali il suo posto non l’avrebbe mai trovato.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma