Totalitarismo, il confronto impossibile

Ormai è diventato scontato, nei giornali, nei libri, un po’ ovunque, parlare di due “totalitarismi”, paragonare e, anzi, mettere sullo stesso piano nazismo e stalinismo. E chi intuitivamente non è d’accordo, fa fatica ad argomentare. Occorre però arginare questa tendenza con cui si pretende di definire equivalenti le due ideologie.
Non è che i gulag siano un fenomeno più tollerabile della Shoah. Ma anzitutto non si può ridurre il comunismo allo stalinismo. La corruzione di un progetto non è il progetto, né tanto meno l’idea.
totalitarismo nazista è stato il progetto stesso in quanto perversione, la perversione realizzata, portata a compimento. Sin dall’origine il nazismo ha avuto come scopo e fine lo sterminio del popolo ebraico. Si menziona spesso Hitler, ma pochi hanno letto quello che ha scritto, quel progetto antisemita intenzionale, che si richiama a filosofi come Schopenhauer, nasce da una conoscenza minuziosa, perfida e inquietante dell’ebraismo (persino del Talmud) ed è mosso dal proposito consapevole dell’annientamento.
Non è possibile, neppure lontanamente, paragonare il nazismo con l’ideologia comunista, con l’ideale di giustizia che ha ispirato donne e uomini, tutti lontani da qualsiasi idea di gulag. Che si abbia o no un rispetto, etico e politico, verso un ideale di “giustizia”, è indispensabile riconoscere la differenza che separa l’ideale comunista dal nazismo. Non c’è equivalenza, né paragone né analogia che tenga. Il che non esime ovviamente dal porsi le domande necessarie sull’ideale comunista e sulla sua storia. Ma queste domande si situano su un piano del tutto differente rispetto al “male” che il nazismo ha rappresentato. Non si tratta di misurare fatti e manifestazioni di crudeltà. Si tratta di pensare – e pensare è anche un atto di giustizia – la differenza e l’asimmetria del progetto.

Donatella Di Cesare, filosofa