Torah oggi – Il pasticcio delle liste
A proposito della soluzione escogitata per l’ammissione di alcune liste presentatesi alle elezioni si è parlato di pasticciaccio all’italiana. Seppure con molta prudenza, perché il caso è certamente complesso – a tutt’oggi non è stata data una risposta definitiva – proviamo ad analizzare il caso dal punto di vista della legge ebraica.
a) La Torah stabilisce (Esodo 23: 2): Non seguire la maggioranza per fare il male, non parlerai in una causa (solamente) per propendere verso una qualsiasi posizione; si deve decidere secondo maggioranza. L’ammissione alle elezioni delle liste che presentavano delle anomalie burocratiche può essere definita un male? Certamente no, dato che lo scopo delle elezioni è quello di dare voce a tutti, per far sì che il popolo scelga i candidati per eleggere la maggioranza che dovrà governare: si tratta naturalmente di trovare una soluzione legislativa per risolvere il problema.
b) Quando si passa da una situazione generale a un caso particolare, la legge va applicata, ma anche interpretata: non esistono due situazioni del tutto identiche e per questo è necessario fare ricorso a un esperto che abbia il potere di decidere in merito. Questo è ciò che avviene di norma ogni volta che viene posta una questione (sheelà) a un nuovo problema mai verificatosi.
c) In mancanza di un esperto cui sia riconosciuto questo potere, le parti possono rivolgersi a un borer (arbitro): una volta scelto l’arbitro, le sue decisioni non possono più essere ricusate.
Nel caso italiano, il Presidente della Repubblica funge da arbitro essendo stato scelto dal Parlamento e dovendo svolgere proprio una funzione di garanzia a tutela di tutte la parti in causa. Sembra che sia stato proprio il Presidente a suggerire al governo il tipo di decreto da introdurre, un decreto che, secondo quanto è dato capire, stabilisce in sostanza come debba essere interpretata la legge.
Non siamo noi italiani, eredi dei latini, ad affermare che summa lex, summa iniuria?
rav Scialom Bahbout