Qui Verona – Una lezione, molti interrogativi

Le Università sono i luoghi del sapere più elevato, dove ragazze e ragazzi – molti a costo di sacrifici – si iscrivono per ricevere la migliore formazione, dove docenti, ricercatrici e ricercatori favoriscono l’incontro di tanti pensieri, dove esperte ed esperti di vario genere e grado confluiscono per aggiornarsi e per portare i loro sguardi. L’Università di Verona, dipartimenti di Scienze dell’educazione e di Scienze economiche, propone l’ottavo corso Unicef, dall’argomento assai attuale: “Negli obiettivi del nuovo millennio: Oltre i miei confini. Dimensione individuale e sociale dell’uomo: problemi e soluzioni”. Il corso, previa tesina, dà diritto a crediti formativi. Molte le relatrici e i relatori, ma tra questi l’ottava edizione del corso riserva una sorpresa: il sindaco di Verona Flavio Tosi (nell’immagine). Molti si chiederanno dove stia la sorpresa, dato che il saluto istituzionale è sempre gradito, quando non auspicabile per dar lustro agli eventi. No, chi interviene non è il Sindaco, ma il signor Tosi in qualità di relatore. Il titolo dell’intervento cui partecipa è: Non fare, fare o fare bene? Effettivamente il signor Tosi ha fatto, e molto, anche, tanto da beccarsi una condanna per il delitto di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio etnico razziale, sentenza cassata dalla suprema corte nell’ottobre 2009 e dunque definitiva. Dunque, si potrebbe pensare, si è ravveduto? Nemmeno. Pochi giorni fa, prima dell’inizio della par condicio, alla trasmissione Tetris, su La7, uno dei giornalisti ha chiesto all’ospite Tosi: ma lei è stato condannato per razzismo, vero? Risposta del sindaco: «Precisiamo, io sono stato condannato per aver fatto chiudere un campo nomadi abusivo». Precisiamo: questa era la sua linea di difesa, smontata pezzo per pezzo, perché la tesi della legalità è stato dimostrato essere la copertura della diffusione di idee razziste. Non ci pare che questo possa essere lineare con le tesi del fare bene, specie se si parla di diritti umani, specie se si parla di diritti dei bambini, che Tosi ha coperto di propaganda razzista quando, nel 2001 ha organizzato, con altri esponenti della Lega Nord, una campagna razzista contro i cittadini e le cittadine sinte veronesi. Lungo è l’elenco delle persone che hanno inoltrato la loro protesta all’Università, fino alle scelte estreme – difficilmente sagge – di sostenere il boicottaggio delle offerte all’Ente di protezione dei diritti dell’infanzia. Dopo dieci giorni di serrato passaggio di informazioni, la risposta iniziale di Unicef (le loro sezioni locali sono indipendenti e possono voler dare voce a tutti, dicevano) si evolve: se non cambierà il relatore il corso sarà sconfessato. Articolo 3, Osservatorio sulle discriminazioni, ha partecipato alla rete di collegamento tra le confinanti Veneto e Lombardia e tra associazioni e istituzioni. Non è così semplice, ci dicono dall’Università di Verona, perché come è servita una delibera per approvare il progetto, ne serve un’altra per modificarlo. E’ altrettanto vero, però, che c’è chi sostiene che il progetto passato ai voti non fosse proprio quello che poi è stato realizzato e non solo. L’ex prorettrice all’ateneo scaligero Donata Gottardi fa notare che nella lista dei relatori ci sono incongruenze non solo etiche, ma anche statutarie, come nel caso Di un altro relatore, Magdi Cristiano Allam, che è un rappresentante politico e non governativo, quindi escluso dalla prassi universitaria che opera in garanzia della massima equidistanza. Le uniche eccezioni sono previste in caso di particolari personalità che, pur occupando un seggio a nome di un partito, abbiano una competenza scientifica altamente qualificata rispetto all’oggetto della lezione, cosa che non è nel caso di Tosi e neppure di Allam, giornalista.
Ad oggi il programma disponibile sul sito dell’Università veronese è invariato, ma ci dicono che Tosi non farà la relazione prevista. E’ stato spiacevole leggere la prima risposta di Unicef Italia, perché il razzismo non è un’opinione, ma un reato; come è stato sgradevole dover rincorrere, spiegare, argomentare l’opposizione a questa idea. Non solo è difficile ottenere l’applicazione della legge Mancino contro il razzismo e la discriminazione, in Italia pare sia da illusi anche aspettarsi che chi commette un reato non sia poi chiamato alla cattedra di quello stesso principio che ha così fieramente violato.

Angelica Bertellini