Qui Firenze – Izzedin Elzir, nuovo presidente Ucoii: “Credo nel dialogo e nella reciproca comprensione”

“Vorrei una comunità islamica più coesa e trasparente”. È il grande sogno dell’imam di Firenze Izzedin Elzir, da domenica scorsa nuovo presidente dell’Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia (Ucoii). Elzir pronuncia questa frase dal grande valore simbolico nel suo ufficio situato all’interno della piccola moschea (un garage dismesso) di Borgo Allegri. Intorno a lui c’è chi prega con gli occhi fissi sul Corano, chi legge un giornale e chi discute animatamente in arabo. Un’umanità varia e articolata che rende ancora più interessante questo incontro che inizialmente immaginavo in forma privata. A pochi passi dall’ufficio il pittoresco mercatino delle pulci di piazza dei Ciompi brulica di vita e giovani artisti un po’ fricchettoni cercano l’ispirazione sotto la Loggia del Pesce, antico residuo del vecchio ghetto ebraico. Intanto i dodici rintocchi delle campane della chiesa di S. Ambrogio annunciano che è mezzogiorno.
Izzedin Elzir è un signore sui quaranta, molto affabile e gentili nei modi. Fisicamente gracilino e basso di statura, ha deciso di assumersi una responsabilità pesante come un macigno. Ride e mi confida: “Guarda, ho giusto finito di parlarne davanti ad un caffè con il mio amico Simcha (il gestore del ristorante kasher distante un tiro di schioppo). Mi aspettano delle giornate molto intense”. Ma il duro lavoro non sembra spaventarlo più di tanto. Racconta, sempre con un sorriso ospitale, quale sarà la sua settimana tipo da presidente: “Tre giorni a Firenze e tre giorni a giro per l’Italia. Il giorno libero spero di poterlo dedicare alla famiglia”.
Il programma di Elzir si annuncia parzialmente innovativo. Ecco uno dei punti che ritiene basilare: “Vorrei che il sermone del venerdì venisse recitato non solo in arabo ma anche in italiano. Questo perché nella nostra comunità gli arabi costituiscono una minoranza (circa il 40 per cento) e perché bisogna continuare nel percorso di integrazione intrapreso”. Ma i musulmani si stanno davvero integrando? “Penso di sì, anche se possiamo e dobbiamo fare di più. L’esempio di Firenze, città in cui siamo in ottimi rapporti con le istituzioni politiche, con le altre comunità religiose e con la cittadinanza, deve costituire un modello anche per le altre realtà presenti sul territorio”. Elzir, residente in Italia da oramai 19 anni (è di origine palestinese), ammette senza problemi che il suo percorso è stato più facile di quanto si possa pensare: “Quando mi sono trasferito in questo paese ero un giovane studente di moda. La mia vita è stata meno complicata di quella di molti altri immigrati”. Poi torna a parlare di Ucoii e lancia una stoccata che lascia facilmente intendere quale sarà uno dei suoi obiettivi futuri: “Perché ai musulmani non è permesso stipulare delle Intese con lo Stato? La scusa che siamo una comunità eterogenea non sta in piedi. Anche i cristiani lo sono eppure, con risultati diversi, sono riusciti ad arrivare ad un accordo. I cattolici hanno il Concordato, tutti gli altri le Intese”. Neanche il fatto che ci siano almeno tre organi che si candidano a rappresentare l’Islam italiano è un problema? Elzir rincara la dose: “Gli accordi si fanno con chi si propone. E noi lo faremo sicuramente. Ogni altra considerazione è un ribaltamento della prospettiva attraverso cui affrontare in modo corretto queste dinamiche”. L’imam individua comunque una lacuna strutturale nel mondo islamico italiano, anche se strettamente legata a ragioni anagrafiche. “Siamo una comunità giovane. In alcuni casi dobbiamo ancora farci degli amici tra i vari amministratori locali. Ma con il tempo le cose andranno meglio”. Ritorna sulla questione dell’integrazione e sintetizza in poche parole un concetto che ritiene essenziale: “Bisogna che la gente capisca che siamo cittadini italiani di fede islamica. Dunque concittadini dei nostri amici cristiani ed ebrei. Con pari diritti e con pari doveri”. E sul concetto di cittadinanza comune a prescindere dalla fede religiosa ha insistito tantissimo in questi ultimi anni. Con entusiasmo apparentemente genuino si sofferma perciò sul buon rapporto (quasi di vicinato visto che la sinagoga dista neanche 200 metri in linea d’aria dalla moschea) che ha con la comunità ebraica e commenta: “Le due comunità cercano di costruire insieme ponti di dialogo”. Ma sul conflitto in Medio Oriente il confronto si presenta indubbiamente più difficile: “Noi siamo vicini al popolo palestinese e loro ad Israele. È più saggio occuparsi di quello che succede a Firenze”. Elzir ci tiene a fare una precisazione: “Nel passato sono stato più volte accusato di essere vicino ad Hamas. Non nego una certa affinità su alcune questioni, ma le mie parole sono state strumentalizzate. Ribadisco anche in questa occasione che sono contrario ad ogni forma di terrorismo”. L’argomento è pesante, meglio parlare di dialogo interreligioso. “È un qualcosa in cui credo davvero molto. Non a caso sempre più spesso la comunità islamica fiorentina partecipa ad incontri ed iniziative che cercano di abbattere il muro dell’incomunicabilità reciproca”. Il mandato di presidente dell’Ucoii inizia con gli stessi auspici: “Avremo pur sempre opinioni differenti su molte cose ma vorrei che ci rispettassimo maggiormente l’un con l’altro”.

Adam Smulevich