“Dobbiamo impegnarci per garantire la governabilità”

Negli ultimi anni la necessità di riformare lo Statuto che regolamenta la vita dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane si è dimostrata sempre più urgente. Basti ricordare quanto accaduto agli ultimi due Congressi in cui l’incertezza e la difficoltà organizzative hanno impedito al Consiglio di iniziare i suoi lavori nei tempi dovuti. Il lavoro della Commissione che ha in questi mesi elaborato le proposte di modifica del vecchio assetto si è incentrato sulla ricerca della maggiore funzionalità possibile per il Consiglio e per la Giunta, che sono strumenti di lavoro indispensabili perché l’Ucei possa garantire risposte chiare e immediate ai molteplici problemi e alle esigenze dell’ebraismo italiano.
Questa revisione statutaria non può però prescindere dal rappresentare la complessa realtà ebraica italiana tenendo conto della distribuzione della popolazione tra le diverse Comunità. Ed è proprio questa una delle problematiche che si sono rivelate centrali: garantire all’ebraismo italiano un governo in grado di rappresentare gli ebrei e le Comunità garantendo al tempo stesso il mantenimento della nostra tradizione e della nostra storia sul territorio.
Ritengo che la Commissione coordinata da Valerio Di Porto, che ringrazio per l’ottimo lavoro svolto, abbia proceduto bene cercando di riequilibrare due concetti che talora sono vissuti come contrastanti se non addirittura contrari.
L’elezione diretta dei consiglieri che è stata prevista dalle proposte di modifica dell’attuale Statuto, consente infatti a ciascun ebreo italiano di esprimere le sue preferenze designando, direttamente nella sua circoscrizione, la persona che ritiene meglio rappresenti le sue esigenze e la sua proposta. In pratica, fra gli elettori e il nuovo Consiglio non si interpone più il Congresso che oggi elegge, in secondo grado, il Consiglio. Quest’ultimo è invece in gran parte designato dagli elettori stessi che scelgono 36 dei 60 componenti.
La partecipazione di diritto dei 21 presidenti delle singole Comunità al nuovo Consiglio di durata quadriennale che andrà a sostituire l’attuale Congresso dell’Ucei composto da 95 rappresentanti, riesce invece a concretizzare una forma di partecipazione diretta alla vita dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Si riequilibra inoltre in modo notevole la composizione degli eletti con 35 delegati: 20 per Roma, nove per Milano e sei per le medie e piccole Comunità. In questa maniera si apre una prospettiva di maggiore stabilità con maggioranze diverse, escludendo un fattore che negli ultimi anni aveva dato luogo a molteplici problemi in sede di Congresso, Consiglio o Giunta. I presidenti delle Comunità potranno così assumere un ruolo più incisivo nelle politiche nazionali prendendo parte ai processi decisionali dell’ebraismo italiano. La partecipazione di diritto al parlamentino dei rabbini capo delle due più popolose Comunità ebraiche italiane, Roma e Milano, e di altri due rabbini eletti dall’Assemblea rabbinica garantiscono poi un’ulteriore rappresentatività al mondo ebraico. Quanto alle modifiche proposte che riguardano le Comunità, sono destinate per lo più a quella di Roma e di Milano, sempre alla ricerca di maggioranze stabili che permettano a chi vince le elezioni il diritto-dovere di governare effettivamente per la durata dell’intero mandato.
In concreto, ritengo di grande importanza che Comunità ebraiche che contano oltre 4 mila iscritti esprimano il proprio voto su liste con il consigliere designato alla carica da presidente, così da qualificare maggiormente le singole liste, non permettendo più il panachage (quel sistema elettorale in base al quale un elettore può votare candidati di liste diverse) che non qualificava le singole liste. Inoltre lo sbarramento al 5 per cento e il premio di maggioranza assegnato alla lista che è riuscita a ottenere il 40 – 45 per cento dei voti consentirà una stabilità maggiore ai Consigli e alle Giunte che così potranno esercitare un’azione di governo più veloce, incisiva ed efficace.
Venendo a un altro argomento controverso, quello che riguarda la nomina del rabbino capo da parte delle Comunità, si tratta senz’altro di un punto molto complesso che entra nel vivo della sensibilità comunitaria e della sua organizzazione. La proposta di modifica dell’articolo 30 dell’attuale Stato propone infatti una sostanziale variazione alla situazione odierna, stabilendo che trascorsi due anni dall’assegnazione dell’incarico quest’ultimo può essere rinnovato. Ciò comporta anche la possibilità del non rinnovo della carica di rabbino capo, idea che senz’altro è molto innovativa. E’ chiaro che tale ipotesi, sicuramente coraggiosa, ha creato non poche preoccupazioni e dibattiti ai diversi livelli. Ora toccherà ai delegati del prossimo Congresso straordinario prendere in mano la questione della riforma del nostro assetto. Sarà un compito difficile e denso di implicazioni per il futuro. In quell’occasione si dovrà vagliare con cura quanto è stato proposto ed elaborato finora. Si dovranno approvare le indicazioni proposte dalla Commissione o individuare ulteriori soluzioni che si ritengono più adeguate perché lo Statuto Ucei possa assumere una configurazione adatta ai tempi e alle necessità e consentire alle nostre Comunità di compiere un passo avanti, rendendole efficienti e governabili.

Leone Soued, presidente della Comunità Ebraica di Milano