Est – La morte di Kaczynski e il pericolo di un voto nero che ritorna
Mentre si procede all’identificazione degli ultimi corpi per dare un nome a tutte le vittime della tragedia, il disastro aereo che ha provocato la morte del presidente della Repubblica Lech Kaczynski e di alcune delle massime cariche del governo polacco porta con sé una conseguenza pressoché certa: il paese andrà alle urne ben prima di ottobre, mese in cui erano inizialmente previste le elezioni presidenziali. Appuntamento delicatissimo, avvertono gli esperti di Polonia e dintorni, perché queste elezioni possono segnare lo spartiacque tra la xenofobia e l’oscurantismo di cui è stato permeato il mandato di Kaczynski ed un futuro di maggiore tolleranza ed apertura verso frange della popolazione attualmente ai margini della società. In particolare gli omosessuali, vittime di un clima che in molti hanno definito da caccia alle streghe. Un clima fomentato in parte proprio da Kaczynski: il defunto presidente sosteneva che mostrarsi tolleranti con i gay significava “aiutare la civiltà a disgregarsi”.
Pochi minuti dopo che le agenzie di stampa internazionali avevano battuto la notizia della morte di Kaczynski, puntuali come da protocollo sono arrivate le condoglianze dei leader della politica internazionale. Vladimir Putin, nominato da Medvedev a capo della Commissione per le indagini a Smolensk, ha parlato di “tragedia senza precedenti”. Barack Obama ha definito l’episodio “devastante per la Polonia, per gli Stati Uniti e per il mondo”. Aggiungendo poi che Kaczynski “è stato ampiamente ammirato negli Stati Uniti in quanto leader dedicato a far progredire la libertà e la dignità umana”. Ma era proprio così? Non tutti sono d’accordo. E c’è chi ha ammesso (al solito la modalità di espressione più gettonata è Facebook) che, nonostante la tragedia nazionale, non verserà lacrime di coccodrillo per il presidente scomparso.
La carriera nelle istituzioni di Lech Kaczynski è sempre stata legata a quella del fratello gemello Jaroslaw, tanto che per un certo periodo (dal 2005 al 2007) i due sono stati contemporaneamente presidente della Repubblica e Primo ministro. Assolutamente identici a prima vista, Lech poteva essere distinto dal fratello grazie ad un neo sulla guancia sinistra. Il cuore, invece, batteva verso l’estrema destra. I suoi grandi amici provenivano tutti da quell’area politica. In prima fila padre Tadeus Rydzik, fondatore dell’emittente radiofonica Radio Marija, accusata dai principali osservatori ebraici mondiali di fomentare antisemitismo e xenofobia. E in modo piuttosto esplicito, senza il bisogno di ricorrere a interpretazioni tra le righe. Tanto che una volta Rydzik arrivò a parlare della Shoah come di “un lucroso business”. Bene, in occasione delle elezioni del 2005, furono proprio i ripetitori di quella controversa emittente radiofonica a consegnare ai due fratelli la vittoria finale: milioni i polacchi che si fecero persuadere dall’input elettorale pro gemelli dettato da Radio Marija.
La fila di personaggi talvolta ambigui che frequentava le stanze presidenziali è lunga. Eppure, negli ultimi tempi, Lech aveva fatto alcuni passi significativi per cercare di cancellare le ombre sul suo curriculum vitae (omofobo, xenofobo e ultraconservatore, questi gli aggettivi che gli venivano più spesso affibbiati dai suoi detrattori): per esempio era stato il primo presidente polacco ad assistere ad una funzione religiosa in sinagoga. Ma basta dare un’occhiata al programma del partito Legge e Giustizia fondato dai due fratelli Kaczynski nel 2001, per rendersi conto di quanto la realtà dei fatti fosse ben diversa dalla mera apparenza. Il concentrato di nazionalpopulismo che guidava la sua azione politica aveva creato alla Polonia serissimi problemi nei rapporti diplomatici con il resto del mondo. La situazione si era fatta tesa con gli altri stati della UE (Lech era un convinto euroscettico) e con le principali potenze occidentali. Per non parlare della politica interna: migliaia i polacchi che avevano abbandonato il paese in cerca di terre più ospitali. Un gran numero di stranieri e omosessuali, per i quali l’aria si era fatta piuttosto pesante (a qualcuno, la notizia è riportata anche dal Corriere della Sera del luglio 2007, era capitato di vedersi consigliare il veterinario per un controllo medico). Migliore di quanto si possa pensare, nonostante il grande appeal di personaggi alla Rydzik, la situazione per gli ebrei. Forse perché – sottolinea con amara ironia un blogger di nome polska83 – è difficile prendersela con chi di fatto non esiste: quasi impossibile far passare come panacea di tutti i mali uno sparuto numero di persone.
Con l’avvicinarsi forzato delle presidenziali, torna a riaffacciarsi l’incubo di un voto dal volto nero. Le quotazioni del partito Legge e Giustizia – fa notare un giornalista indipendente di Varsavia – potrebbero schizzare verso l’alto. Questo anche perché rischia di ottenere un certo successo chi paventa l’ipotesi dell’attentato preparato a tavolino dai tanto odiati vicini russi. Il che farebbe di Kaczynski automaticamente un martire. Anche Gad Lerner, sul suo blog, si lascia andare ad una considerazione che sembra non escludere del tutto la possibilità di un coinvolgimento dell’ex potenza sovietica nella tragedia. Lerner scrive: “Quando dei governanti polacchi muoiono per incidente sul suolo di Russia, la storia ci induce a provare d’ufficio un moto di sospetto”.
Intanto, nella giornata di oggi, un altro paese dell’Est è chiamato a una consultazione popolare i cui esiti rischiano di essere molto pericolosi per la stabilità politica dell’intera area: l’Ungheria. Le previsioni parlano di una vittoria schiacciante per il partito conservatore Fidesz, attualmente all’opposizione. Ma quello che spaventa maggiormente i moderati è la possibile affermazione dello Jobbik, movimento dell’ultradestra di ispirazione fascista e antisemita. Alle europee del 2009 ottenne un clamoroso 14,77 per cento. Quest’anno punta ad aumentare i consensi.
Adam Smulevich