Davar Acher – Vigilia d’Indipendenza

Come si formano gli Stati? Nella maggior parte dei casi per via di guerre di conquista. E’ il caso dell’Italia, della Germania, più anticamente della Francia e della Gran Bretagna, della Russia e della Spagna, unificati da dinastie che badavano per lo più al loro interesse dinastico, anche se magari non erano “indifferenti al grido di dolore” del paese oppresso dagli stranieri, come disse Carlo Alberto. Le eccezioni a questa nascita giustificata esclusivamente dalla forza sono rare: stati che proclamano la loro indipendenza sulla base di principi, che giustificano la loro istituzione con una dichiarazione approvata democraticamente. E’ il caso degli Stati Uniti con la grande prosa di Thomas Jefferson : “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”.
Ed è il caso del testo più sobrio letto sessantadue anni fa, il 5 di Iyar del 5708, da Ben Gurion: “In Eretz Israel è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al mondo l’eterno Libro dei Libri. Dopo essere stato forzatamente esiliato dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica. Spinti da questo attaccamento storico e tradizionale, gli ebrei aspirarono in ogni successiva generazione a tornare e stabilirsi nella loro antica patria; e nelle ultime generazioni ritornarono in massa. Pionieri, ma’apilim e difensori fecero fiorire i deserti, rivivere la loro lingua ebraica, costruirono villaggi e città e crearono una comunità in crescita, che controllava la propria economia e la propria cultura, amante della pace e in grado di difendersi, portando i vantaggi del progresso a tutti gli abitanti del paese e aspirando all’indipendenza nazionale”.
E’ un testo importantissimo e che merita di essere studiato nei dettagli. Nei paragrafi successivi ci si richiama al sionismo e ai suoi programmi congressuali, si citano come fonti legittimanti la dichiarazione Balfour e forse per l’unica volta al mondo, una decisione dell’assemblea dell’Onu: “L’Assemblea Generale chiedeva che gli abitanti di Eretz Israel compissero loro stessi i passi necessari da parte loro alla messa in atto della risoluzione. Questo riconoscimento delle Nazioni Unite del diritto del popolo ebraico a fondare il proprio Stato è irrevocabile. Questo diritto è il diritto naturale del popolo ebraico a essere, come tutti gli altri popoli, indipendente nel proprio Stato sovrano”.
Si proclamano i principi politici democratici (“Lo Stato d’Israele sarà aperto per l’immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite”).
Si propone, nonostante l’aggressione in corso, la pace ai nemici che cercavano di distruggere Israele alla nascita e ancora lo fanno (“Facciamo appello – nel mezzo dell’attacco che ci viene sferrato contro da mesi – ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti. Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico stabilito nella sua terra. Lo Stato d’Israele è pronto a compiere la sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente intero”).
Con tutte le difficoltà di una storia tormentata e tutte le oscillazioni di una politica democratica, soprattutto nonostante i costi umani di un’aggressione subita ininterrottamente da allora e che ci obbliga a tenere nella giornata di oggi il lutto delle vittime, prima di poter festeggiare l’indipendenza, Israele ha tenuto fede alla sua dichiarazione, si regge ancora oggi sui valori di allora e conduce in sostanza la stessa grande politica disegnata dalle parole di Ben Gurion. Purtroppo l’appello al buon vicinato non è mai stato veramente raccolto, perché esso presuppone l’accettazione del “sovrano popolo ebraico stabilito sulla sua terra”, che gli arabi rifiutano e una volontà di “collaborazione e aiuto reciproco” che è negata anche nell’odio da coloro che hanno firmato accordi di pace con Israele.
Da parte nostra, di ebrei della Diaspora, non ci resta che continuare ad adempiere alla nostra parte del compito, com’è descritta nell’ultima frase del documento: “Facciamo appello al popolo ebraico dovunque nella Diaspora affinché si raccolga intorno alla comunità ebraica di Eretz Israel e la sostenga nello sforzo dell’immigrazione e della costruzione e la assista nella grande impresa per la realizzazione dell’antica aspirazione: la redenzione di Israele”. E di essere fieri di una formazione politica che nella sua essenza, è la più democratica e motivata nei principi che ci sia oggi al mondo.

Ugo Volli