Riviste di cultura, il punto con Valdo Spini

Il panorama delle riviste di cultura in Italia è decisamente vasto: più di 400 pubblicazioni che si occupano di discipline quali la letteratura, la politica, l’arte, la filosofia. Un universo culturale da sempre focalizzato più sulla qualità del prodotto che sulle logiche di mercato e che per questo combatte da anni con tirature limitate, vendite ridotte all’osso e limitati ricavi pubblicitari. Di questo e d’altro abbiamo parlato con l’onorevole Valdo Spini, presidente della commissione affari istituzionali del Comune di Firenze e neo presidente del Cric, Coordinamento riviste italiane di cultura.
C’è un imperativo impellente nel campo dell’editoria italiana: cercare nuovi lettori, aprirsi a nuove fasce di utenza. Come pensa sia possibile realizzare un tale obiettivo?
Il primo elemento è la formazione di lettori nuovi e cioè la trasformazione in lettori di cittadini che non sono ancora lettori. Il sistema editoria in questo caso è una variabile che interagisce con i sistemi della formazione e dell’informazione. E’ necessario investire e non disinvestire nei settori della scuola, dell’università e della ricerca. Fra queste esigenze, vi è anche quella di informare adeguatamente i lettori di libri e giornali sull’offerta delle riviste di cultura. Poi bisogna promuovere la lettura, e cioè utilizzare l’insieme dei canali, dalle fiere editoriali ai festival culturali, dando impulso a iniziative diffuse su tutto il territorio nazionale, senza trascurare le zone di periferia e la provincia. Vi dovrebbe essere molta più attenzione a coinvolgere attivamente la popolazione e a rispondere a una gamma di esigenze molto ampia e differenziata. In questo senso le riviste possono avere un ruolo strategico se si mettono in dialettica con i libri, sviluppando un ruolo di collegamento tra il divenire delle idee e degli avvenimenti e i libri stessi: dobbiamo dare una vera e propria battaglia non solo politico-culturale o, forse, politica tout court, in questo senso. Fra le prime cose di cui ci occuperemo vi sarà la sollecitazione nei confronti delle rubriche culturali della Rai e delle altre reti televisive ad occuparsi delle riviste.
Le riviste culturali sono state al centro dei movimenti culturali più innovativi del Novecento. Cosa rappresentano oggi le riviste nella società italiana e quale ruolo secondo Lei potranno avere in futuro?
Il libro è l’opera, in genere, di un singolo autore. Le riviste sono invece l’espressione di un luogo di confronto, di stimolo reciproco tra persone e ambienti. Un elemento insostituibile del processo di rinnovamento culturale. Le riviste culturali e i gruppi intellettuali che le esprimono hanno ancora oggi il ruolo di produrre idee, studi e linguaggi che abbiano la capacità di sviluppare conoscenze e anticipare tendenze, introducendo le innovazioni nell’ambito della sfera pubblica. Ovviamente ci sono altri mezzi d’informazione che gli stessi autori delle riviste possono utilizzare, raggiungendo una platea molto più vasta. Ma le riviste sono tutt’ora officine culturali e atelier di democrazia, come lo sono state in altre stagioni del Novecento e sono anche un antidoto contro la decomposizione delle culture, fenomeno oggi quanto mai attuale.
In Francia riviste come le Magazine littèraire vendono in edicola decine di migliaia di copie per non parlare delle decine di migliaia in abbonamento. In Italia anche le riviste culturali di maggior spessore vendono molto meno sia in termini di abbonamenti che di vendite in libreria. Questo dato, secondo lei, è connesso al modo in cui si veicola il messaggio culturale in Italia?
Queste riviste francesi costituiscono certamente un esempio a cui guardare. Peraltro, anche in paesi come la Francia, dove esistono un pubblico molto più attento e una tradizione molto più favorevole alle riviste di cultura, queste pubblicazioni stanno vivendo da alcuni anni problematiche che rendono più difficile la loro gestione e la loro diffusione. Oltre alle nostre insufficienze, alla difficoltà di veicolare il messaggio culturale, la situazione in Italia è complicata anche dal fatto che i periodici culturali sono seguiti da un pubblico molto più ristretto. L’assenza di politiche dello Stato per il settore ha contribuito poi a esacerbare ulteriormente la situazione. Per ultima e fra le più gravi difficoltà, l’abolizione delle tariffe postali agevolate, che colpisce a morte un settore i cui prodotti sono distribuiti per l’80% tramite la spedizione in abbonamento postale.
Con l’avvento di internet si era paventata la scomparsa delle riviste, considerate un po’ l’anello debole dell’editoria, mentre invece pubblicazioni come “Micromega” sono riuscite a sfruttare la rete per ampliare il dibattito culturale. Come giudica questo risultato?
Al contrario di quanto è stato pronosticato anche fra critici e opinionisti assai illustri, l’avvento di internet non ha avuto come effetto la scomparsa delle riviste. Naturalmente quello di internet non è ancora uno spazio acquisito e consolidato. Il Cric ha dato impulso fin dalla sua fondazione alla sperimentazione di nuove iniziative sulla rete, aggregando e coordinando la comunicazione e l’offerta delle riviste, sia per la sottoscrizione di abbonamenti online, sia per l’accesso ai loro contenuti digitalizzati. In altre parole si possono comprare singoli articoli di numeri arretrati da una piattaforma digitale in modo molto più agevole. Certamente il collegamento tra stampato e digitale è il punto cruciale per assicurare una nuova vita alle riviste di cultura.
Uno dei problemi più rilevanti per le riviste di cultura è la distribuzione. Quali soluzioni di intervento sta vagliando o ha già sviluppato il Cric in merito a questo problematica?
È ormai sempre più difficile per i periodici di cultura entrare o restare nel circuito della distribuzione nelle librerie. Condizione preliminare per il trattamento del prodotto rivista nel commercio librario (sia nella rete delle librerie sia da parte delle librerie virtuali) è la creazione di una anagrafica aggiornata delle riviste o, almeno, l’assegnazione alla rivista del codice ISBN, che consentirebbe ai periodici aventi determinate caratteristiche di essere individuati tra i libri in commercio. Il Cric sta esaminando la possibilità di estendere l’attribuzione del codice ISBN alle pubblicazioni periodiche e di stipulare convenzioni e accordi per promuovere la presenza di periodici culturali nelle librerie indipendenti, nelle principali catene di distribuzione libraria e nelle principali librerie virtuali. Si pensava inoltre alla creazione di “rivisterie” nelle principali città italiane. Se ci presentiamo a questi appuntamenti più forti, perché uniti nel nostro coordinamento, anche il problema di una efficace distribuzione potrebbe essere affrontato positivamente.
In un sua recente dichiarazione parla della sostanziale riduzione del fondo per i contributi alle riviste di cultura. Cosa mi può dire in merito ?
Il Cric si è fatto portavoce degli Editori e Direttori delle Riviste italiane di cultura, presso il Governo e il Parlamento, relativamente all’istanza di ripristinare il fondo annuale di circa due milioni di euro originariamente destinato ai contributi alle pubblicazioni periodiche di elevato valore culturale. Questi contributi sono stati istituiti dalla riforma dell’editoria nel 1981 e, non soltanto non sono stati mai rivalutati da allora, ma a partire dal 2005 sono stati progressivamente ridotti e sono stati dimezzati per l’anno in corso. Dopo essere stato eletto Presidente del Cric, ho scritto subito all’On. Sandro Bondi – Ministro per i Beni e le Attività Culturali – e al dott. Gian Arturo Ferrari, recentemente nominato alla guida del Centro per il Libro e la Lettura, per esaminare con loro le soluzioni del problema.
Come ogni anno il Cric organizzerà uno spazio espositivo collettivo dedicato ai periodici culturali nell’ambito della Fiera internazionale del libro di Torino. Che valore assume la vostra presenza a manifestazioni di tale portata ?
La presenza del Cric e della pubblicistica culturale nel principale appuntamento nazionale dedicato all’editoria deve connotare in modo ancora più forte che nel passato il contributo che queste pubblicazioni danno alla cultura italiana e alla stessa editoria libraria, aiutando nell’individuazione di nuovi autori e di nuovi argomenti che potranno contribuire all’arricchimento e al rinnovamento dei cataloghi e delle collane editoriali. Giovedì 13 maggio, alle ore 12 al Salone del libro di Torino, si terrà un incontro promosso dal Cric che analizzerà come le riviste culturali hanno affrontato il tema dell’evoluzione delle dinamiche urbane e del governo delle metropoli.

Michael Calimani