Qui New York – Tre giorni per parlare degli ebrei esuli negli States
Tre giorni di studi e incontri per approfondire la storia degli ebrei italiani emigrati negli Stati Uniti in fuga dalle persecuzioni nazifasciste. Il Centro Primo Levi, organizzazione no profit statunitense che si occupa di divulgare la bimillenaria storia della più antica comunità della Diaspora, presenta con questo auspicio la rassegna Americordo. Il programma è vasto: si parte oggi nel tardo pomeriggio con un intervento della giornalista Gianna Pontecorboli, che attraverso varie interviste e una lunga ricerca archivistica ha ricostruito la fuga e i primi anni trascorsi nel Nuovo Continente da un gruppo eterogeneo di ebrei italiani, scappati dalla patria in seguito alla promulgazione delle leggi razziste. Domani sarà invece il turno di Renato Camurri, che presenterà L’Italia vista dall’America, volume in cui si raccolgono una serie di considerazioni del grande Franco Modigliani, osservatore e testimone da Oltreoceano delle vicende economiche e sociali del paese che lo aveva rifiutato in quanto ebreo. A chiudere la tre giorni una serie di dibattiti che dopodomani attireranno un pubblico che è facile immaginare numeroso nelle aule della prestigiosa Columbia University. I dibattiti saranno incentrati sulla condizione di esule, sul rapporto del migrante con la propria nazione di origine e sulle difficoltà di ricominciare una vita lontano da casa, e vedranno la partecipazione di autorevoli relatori, in parte provenienti dal mondo accademico e culturale italiano. Ci saranno ad esempio il giornalista Sandro Gerbi (che ha scritto un pezzo su Eugenio Colorni nel primo numero di Pagine Ebraiche) e Annalisa Capristo, bibliotecaria del Centro Studi Americani di Roma e tra le protagoniste della Festa del Libro ebraico in Italia da poco conclusosi a Ferrara. Ed è stata proprio lei ad inaugurare la nuova Webzine del Centro Primo Levi, dedicata ad Americordo e aperta a tutti quanti vorranno contribuire al suo sviluppo con articoli, documenti, foto e qualsiasi altro tipo di materiale.
Nella sua intervista, una analisi approfondita sullo stato della ricerca storiografica italiana sul tema delle leggi razziste e del fascismo, si è cercato di fare il punto su alcune delle tappe più significative che hanno portato gli studiosi ad allontanarsi dai facili cliché come “italiani brava gente” e simili per avvicinare con maggiore oggettività la realtà storica di quel periodo drammatico e spesso rivisitato in chiave edulcorata da nutrite schiere di revisionisti. La Capristo ha sottolineato il grande merito che va riconosciuto a Michele Sarfatti e al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec) per aver invertito la rotta nell’approccio storiografico (fino a quel momento popolato da falsi miti) al fascismo e ai suoi crimini. “Gli studi di Sarfatti e quelli di Liliana Picciotto hanno mostrato le responsabilità del fascismo nella deportazione e nello sterminio degli ebrei italiani durante gli anni della Repubblica Sociale”. E nonostante il panorama storiografico italiano sia ancora piuttosto frammentato, la conclusione della Capristo è che “il lavoro di Sarfatti sia generalmente accettato ed abbia generato un nuovo ed importante trend di studi”.
La webzine Americordo è solo l’ultimo degli strumenti informativi predisposto dal Centro Primo Levi: l’obiettivo è costantemente puntato sulla piccola ma vibrante minoranza ebraica italiana. Qualche settimana fa il giornalista Alessandro Cassin, fiorentino di nascita ma newyorkese di adozione, ha pubblicato sul sito del Centro un botta e risposta con Guido Vitale, direttore di Pagine Ebraiche e del Portale dell’Ebraismo Italiano, sulla stagione di grande mobilità ed effervescenza vissuta dalla stampa ebraica nostrana. Stagione culminata con la nascita di un giornale nazionale, con il potenziamento della newsletter quotidiana e con il ritorno in rotativa di HaTikwa, il giornale dei giovani per lungo tempo fermo ai box. Significative le parole usate da Cassin per aprire il pezzo: “In tempi in cui i grandi imperi mediatici stanno crollando e il giornalismo sembra una professione morente, il mondo ebraico italiano decide di andare controcorrente”.
Adam Smulevich