Qui Bolzano – Violata la Legge Mancino, condannati naziskin altoatesini

Diciassette hanno patteggiato concordando pene variabili fra gli otto mesi e i due anni, quattro sono stati assolti perché nel frattempo le vittime hanno ritirato la querela nei loro confronti (ma solo dopo aver ottenuto un risarcimento), uno verrà giudicato dal tribunale dei Minori perché all’epoca dei fatti non aveva ancora compiuto diciotto anni. Questo il bilancio dell’udienza preliminare che vedeva un gruppo di naziskin altoatesini sotto processo per il reato di istigazione all’odio razziale. Al gruppo si contestavano vari episodi di violenza (in particolare pestaggi e intimidazioni) consumati ai danni di giovani italiani e stranieri ritenuti “diversi” per motivi etnici, razziali e sociali. I naziskin erano stati arrestati dopo che alcune intercettazioni telefoniche ne avevano provato le responsabilità nei fatti. Gli inquirenti, al termine di indagini che sono andate avanti per mesi, hanno fatto luce su quel gruppo che per lungo tempo ha seminato il panico nella zona del Meranese. Dai risultati delle indagini è emerso come i naziskin si incontrassero regolarmente in una casetta di legno situata nella zona boschiva di Saltusio (sulla cui porta d’accesso faceva bella mostra la scritta ‘ein Tirol’), dove organizzavano cerimonie con falò e propaganda neonazista (rinvenute svastiche, emblemi nazisti e un vasto campionario di amenità simili). I naziskin, che in parte si sono mostrati pentiti, dal loro arresto fino al giorno dell’udienza preliminare hanno frequentato una sorta di “scuola di democrazia” finalizzata al loro recupero e reinserimento in società: inclusa nel programma anche una visita al campo di Mauthausen.
La punizione inflitta ai giovani skinhead altoatesini è un momento importante nella lotta al rigurgito neonazista che interessa in modo drammatico quella parte del paese sempre più spesso terra di forti tensioni ideologiche. Il giudice Walter Pelino di Bolzano, nel comminare le condanne, ha applicato quanto previsto nella Legge Mancino del 1993, la legge volta a sanzionare le condotte riconducibili alla xenofobia e al razzismo proposta dall’allora ministro di area dc Nicola Mancino. Giudicata da alcuni “incostituzionale e pericolosa” perché rappresenterebbe “una limitazione della inalienabile libertà di pensiero e di parola”, questa legge costituisce in realtà un solido pilastro nella lotta alla discriminazione. Basta un esempio per rendersene conto: quando nel 2006 Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova, chiese di allearsi con il centrodestra, pose come punto essenziale di un eventuale accordo l’abrogazione della Legge Mancino. Considerata la composizione dell’elettorato medio di Forza Nuova, non è poi così difficile immaginare il motivo di questa richiesta.

Adam Smulevich