Qui Torino – Odio e diffamazione, severa condanna

Sei mesi di reclusione e duemila euro di provvisionale in favore della Comunità Ebraica di Torino. Questo il verdetto, in primo grado, del Tribunale di Torino che ha riconosciuto colpevole del reato di diffamazione a mezzo stampa l’editore Roberto Chiaromonte per la pubblicazione de I Protocolli dei Savi Anziani di Sion di Segrey Nilus – Versione italiana con appendice. “Siamo soddisfatti dell’esito della sentenza” dichiara il presidente della comunità torinese, Tullio Levi “e speriamo che questa condanna, in un clima di crescente antisemitismo, in particolare sul web, possa essere un forte messaggio deterrente per questo tipo di comportamenti o iniziative”.
La vicenda processuale a carico del Chiaromonte è iniziata nell’ottobre 2008. In prima istanza, la Comunità ebraica, assistita dall’avvocato Davide Petrini, deposita, oltre all’atto di querela per diffamazione, una denuncia per istigazione all’odio razziale. In particolare si ipotizza il reato di propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale, per istigazione alla commissione di atti di discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi. Qualche mese dopo, nel maggio 2009, arriva la risposta del pubblico ministero, ovvero la richiesta di archiviazione del caso. La decisione di lasciar cadere le accuse desta evidente stupore ma la giustificazione appare ancora più controversa. Secondo il pm, infatti, nonostante i valori che la comunità intende tutelare siano degni “di ogni più attenta considerazione”, “la condotta attribuibile all’indagato Chiaromonte – si legge nella richiesta di archiviazione al gip – rientra nell’alveo del diritto alla libera manifestazione del pensiero, tutelato dall’art. 21 della Costituzione”. L’editore, dunque, pubblicando I Protocolli dei Savi Anziani di Sion ha esercitato un diritto costituzionale. Non vi è reato perché non si riscontra concretamente l’istigazione al compimento di atti di discriminazione razziale. Non solo. Argomentando la sua decisione, il pubblico ministero spiega che la pubblicazione e le considerazioni del Chiaromonte nella post-fazione e nella quarta di copertina non integrano il delitto in questione perché l’opera si caratterizza per il contenuto antisionista (critica ad un movimento politico) e non antiebraico o antisemita.
Immediata l’opposizione da parte della comunità ebraica alla richiesta di archiviazione del caso. Nell’istanza, l’avvocato Petrini sostiene che, oltre alla sussistenza del reato, dietro un’apparente critica al sionismo, nell’opera e nelle prefazioni vi sia una palese esaltazione della tesi per cui i mali dell’attuale società andrebbero ricercati nel popolo ebraico. “L’opera oggetto di denuncia – si legge nell’atto d’opposizione – accredita esplicitamente l’idea che i Protocolli costituiscano, in realtà una voce profetica, che troppo poco si è voluta ascoltare nelle società occidentali, e proprio in questo senso si concretizza la diffusione di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, prevista e punita dalla legge del 1975”.
L’opposizione viene accolta dal gip ma il reato contestato è quello di diffamazione a mezzo stampa, per il quale, peraltro, il nostro ordinamento applica pene più severe rispetto al delitto di istigazione all’odio razziale. E il 5 maggio arriva la sentenza: l’imputato è stato riconosciuto colpevole e condannato a 6 mesi di reclusione, al pagamento delle spese del procedimento, delle spese legali sostenute dalla controparte ed al riconoscimento di una provvisionale di duemila euro in favore della Comunità.
Nonostante la soddisfazione il presidente Levi confida “avrei voluto una condanna anche per l’istigazione all’odio razziale ma intanto aspettiamo la motivazione della sentenza (il giudice si è dato novanta giorni per depositarla) e vedremo se l’editore farà ricorso”.

Daniel Reichel