Dalla West End Synagogue alla Corte Suprema
Si erano conosciuti all’inizio degli anni Novanta, quando entrambi insegnavano all’Università di Chicago. Erano giovani di belle speranze, da allora di strada ne hanno fatta. E molta: lui è diventato il presidente della più grande potenza mondiale, lei è stata scelta dal suo vecchio collega per far parte della Corte Suprema statunitense, l’organo giudiziario più importante di quella superpotenza. Barack Obama non ha avuto dubbi: al posto del novantenne giudice John Paul Stevens, che ha lasciato il posto per ragioni anagrafiche, ha voluto la cinquantenne Elena Kagan, ebrea ed ex preside della scuola di legge di Harvard. Quarta donna ad approdare alla Corte Suprema, l’inquilino della Casa Bianca ha spiegato di averla scelta “per la sua indipendenza, integrità e passione per il diritto”. La signora Kagan, nelle parole di mister Yes We Can, è adatta al compito perché “uno spirito libero” e perché “capace di cercare un terreno comune”.
Ebrea impegnata nel movimento ricostruzionista (la quarta forza della variegata realtà ebraica americana), iscritta con la sua famiglia nella West End Synagogue di Manhattan, catalizzatrice di consensi e moderata (anche se col cuore a sinistra), la sua è una figura bipartisan e centrista, scelta per non innescare tensioni con l’ala repubblicana. Per Elena Kagan si tratta dell’ennesima promozione di una carriera costantemente in ascesa. Assistente universitaria, avvocato, docente di legge, preside ad Harvard, Sollicitor General (Avvocato generale del governo degli Stati Uniti) e per finire l’approdo alla Corte Suprema: in pochi anni questa testarda e combattiva donna figlia di una buona famiglia dell’Upper West Side di Manhattan e dalle solide radici ebraiche ha davvero bruciato la tappe. Sconfitta la rivela più accreditata, sempre una donna: la liberal Diane Wood, collega della Kagan alla Corte federale di Chicago. Adesso la palla passa al Senato, che ne dovrà ratificare la nomina, se possibile prima dell’estate. Ottimistica la previsione di Patrick Lehay, presidente della Commissione Giustizia: “La ratifica dovrebbe arrivare entro agosto”. Molto probabile che si tratti di una semplice formalità, perché la schiacciante maggioranza di senatori democratici (59 contro 41 repubblicani) può farle dormire sonni abbastanza tranquilli. Anche se non tutti i democrats sembrano intenzionati ad appoggiarla.
Nel mirino alcune sue posizioni considerate troppo conservatrici, ad esempio sulla questione della detenzione a tempo indeterminato dei sospetti terroristi e sulla pena di morte (“non ho obiezioni morali”, ha fatto sapere). Avverse alla destra, invece, le sue battaglie in difesa dei diritti degli omosessuali. Tanto che alcuni militanti del Tea Party stanno facendo circolare la voce, ripresa da alcuni media, che la Kagan sia una lesbica non dichiarata (le viene contestato, tra le altre cose, di non essersi mai sposata). Ma lei sembra non curarsi dei gossip. E, visibilmente emozionata, ha fatto sapere di essere “onorata e commossa” per la decisione presa da Obama. Anche perché il presidente, in una sala stampa gremita da centinaia di telecamere e giornalisti, l’ha definita “una cara amica”. Poi, con un accenno di lacrime agli occhi, la neogiudice ha detto di provare “un velo di tristezza” perché i suoi genitori non erano più in vita per assistere a quel momento.
Nata a New York da padre avvocato e madre insegnante, nel 1981 si laurea a pieni voti a Princeton con una tesi sui movimenti socialisti presenti nella Grande Mela ad inizio secolo. Dopo Princeton, è la volta di Oxford ed Harvard (sempre con lode). Prime esperienze lavorative negli studi legali e nelle facoltà. E, negli anni della presidenza di Bill Clinton, la nomina alla Corte d’appello. Ma ci resta per un periodo breve: nel giro di pochi mesi torna a lavorare a tempo pieno negli ambienti accademici e diventa la prima donna preside ad Harvard. Fino al gennaio 2009, quando Obama la vuole di nuovo dalle parti di Washington.
La sua nomina a Sollicitor General suscita non poche perplessità e critiche, perché la Kagan ha alle spalle frequentazioni piuttosto scarse nelle aule dei tribunali. Ma il Senato la conferma con un plebiscito di voti: 61 favorevoli e 31 contrari. Anche in questo caso si tratta di una primizia: mai una donna aveva ricoperto, fino ad allora, quel prestigioso incarico. Incarico che diventa il preambolo per il passaggio alla Corte Suprema, notizia che era nell’aria da settimane e che ha trovato un riscontro definitivo solo nella mattinata di ieri.
Adam Smulevich