Qui Torino – La Giuntina festeggia 30 anni con Il forno di Akhnai
E sono trenta. La gloriosa casa editrice Giuntina, nata nel 1980 per iniziativa di Daniel Vogelmann, festeggia tre decenni di attività presentando al pubblico del Salone Internazionale del libro di Torino Il forno di Akhnai – Una discussione talmudica sulla catastrofe, volume che dimostra ancora una volta la grande attualità del Talmud babilonese e degli insegnamenti che si possono trarre dalle sue pagine. A presentare il libro insieme ai tre autori (Stefano Levi Della Torre, Joseph Bali e Vicky Franzinetti) è stato il giornalista Gad Lerner, che ha preso spunto dal testo per fare un parallelo tra le vicende di cui Rabbi Eliezer è suo malgrado protagonista e quelle che in questi giorni vedono il rabbino Somekh e la Comunità Ebraica di Torino sotto i riflettori della cronaca cittadina e nazionale. Il motivo del parallelismo tra due storie appartenenti ad epoche così differenti? “In ambedue i casi è evidente il fallimento della controversia, che non trova una composizione armonica tra chi detiene la verità (o penso di detenerla) e la maggioranza”, la sentenza del presentatore de L’Infedele, che ha avuto Somekh come rabbino per nove anni (dal 1993 al 2002). Non tutti i presenti in sala hanno considerato opportuno questo paragone. In breve la storia del forno di Akhnai: Rabbi Eliezer sostiene che un forno da pane spezzato in formelle è puro e dunque utilizzabile, mentre gli altri Saggi sostengono il contrario. Per convincerli ricorre a miracoli strabilianti (ad esempio sposta un carrubo con la forza del pensiero), ma i suoi antagonisti restano impassibili perché ritengono che i miracoli non siano argomentazioni pertinenti. Rabbi Eliezer, dopo una serie di mirabilie che non portano ad alcun risultato, arriva a invocare la Voce del Cielo, che si pronuncia in suo favore. Ma non è una prova sufficiente. Anzi, gli altri Saggi la ritengono una fonte di legittimazione inadeguata: Rabbi Yehoshua controbatte che il Cielo non c’entra niente, perché la legge non è in cielo ma sulla terra e per la terra ed è dunque compito loro stabilirla interpretando i testi. Allora succede quello che sembrerebbe impensabile: Dio osserva i suoi figli che si accapigliano, sorride e commenta: “I miei figli mi hanno sconfitto, i miei figli mi hanno sconfitto”. Il testo, ambientato ai tempi della caduta di Gerusalemme e della distruzione del secondo Tempio ad opera dei romani, è un riflesso del passaggio da una cultura della certezza religiosa a quella dubitativa ed interpretativa. “Una discussione più su criteri che sulle decisioni”, spiega Della Torre. Il libro è complesso, tanto che Lerner commenta: “Andrebbe letto almeno tre volte per capirlo in tutte le sue dimensioni”. Bali approfitta dell’assist per buttarla giù in battuta: “Allora ne dovete comprare tre copie”. Ma ironie e scherzi a parte, Il forno di Akhnai ha il grande merito di farci porre un interrogativo valido in ogni tempo e società: come affrontare e gestire una situazione di cambiamento o di radicale trasformazione?
Adam Smulevich