Qui Torino – Vittorio Foa e la Gerusalemme rimandata
“Are you ready? Gentlemen, are you ready?” chiedeva Lloyd George ai capi del sindacato nel 1919, all’indomani dei grandi movimenti operai che paralizzarono il Regno Unito. “Voi avete vinto” disse il capo di governo inglese “noi non abbiamo nessuna forza, nei campi militari abbiamo gli ammutinamenti, la polizia è completamente insicura, gli industriali sono presi dalla paura, se voi fate lo sciopero avete vinto. Siete pronti? Signori siete pronti?”. “In quel momento – dichiarò poi il capo dei minatori – capimmo di aver perduto”.
Da quella sconfitta inizia la riflessione di Vittorio Foa nella sua La Gerusalemme rimandata – Domande di oggi agli inglesi del primo Novecento, la cui riedizione è stata presentata alla Fiera del Libro di Torino. Un’occasione per celebrare un’opera accurata e puntuale ma anche, e forse soprattutto, per ricordare il grande intellettuale torinese, scomparso nel 2008. “Oggi più che mai rimpiangiamo la voce di Vittorio Foa ” sostiene Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Corte Costituzionale, “nel deserto politico italiano, sentiamo la mancanza della sua capacità di fare analisi della società per immaginare un futuro diverso”. I ricordi si intrecciano, le parole dei relatori ripercorrono la storia di un libro, rievocando al tempo stesso la storia del suo autore. “Per scrivere quest’opera” ricorda lo storico Paul Ginsborg “Foa si allontanò dalla vita politica. Erano gli anni settanta e la classe operaia italiana stava vivendo un momento di crisi. Vittorio iniziò a porsi delle domande sul futuro, sull’evoluzione di questo periodo di transazione. Scelse il silenzio, cercando delle risposte altrove”. Provò a volgere la sua attenzione al proletariato inglese che ammirava e rispettava. Iniziò la sua ricerca, discostandosi dagli schemi classici della storiografia tanto da scrivere, quasi a mettere le mani avanti, “questo non è un libro di storia”. “La Gerusalemme rimandata è stata una vera impresa per Foa” spiega Ginsborg “penso si possa dire che quel libro lo fece addirittura soffrire. Ma ricordo ancora la grande fiducia e serenità che riponeva nel suo lavoro nonostante le difficoltà. Ogni mattina si alzava presto per studiare e, a differenza di noi storici, non si isolava anzi accoglieva chiunque passasse dal suo studio. Ricordo con affetto il suo chiedere con un sorriso ‘gioia cara, hai dormito bene?’ ”.
La sua allegria, il suo ottimismo emergono immancabilmente nella sua opera che Franco Marenco, docente di letteratura all’università di Torino, definisce utopica quanto realista, un lavoro che oltrepassa i limiti della storia. “Vittorio” racconta Marenco “era un uomo che prestava grande attenzione alle relazioni sociali, all’incontro con l’altro, all’idea di comunità. Da questa sua tensione si comprende il suo interesse per il movimento operaio dell’Inghilterra degli anni venti”. Una classe sociale viva, in pieno fermento che però inspiegabilmente, sul confine della terra promessa, si ritira. Ad un passo dalla vittoria, dall’arrivo alla meta tanto ambita, il movimento operaio si sfalda, rimandando la sua Gerusalemme. Sul motivo di questa disgregazione, Foa riflette. Ricerca nell’errore del passato la soluzione del futuro. “Le risposte però” sostiene Ginsborg “non sono soddisfacenti. Gerusalemme non è solo rimandata ma deve essere ripensata. In ogni caso il punto fermo nel pensiero politico di Foa rimane la necessità di resistere all’arroganza del potere, la visione di un socialismo che contrappone il rispetto agli abusi”.
Daniel Reichel