La barba di Herzl

Alquanto in sordina, nel nostro Paese, è passato il centocinquantesimo anniversario (2 maggio) della nascita di Theodor Herzl. Eppure, se c’è un uomo di cui si possa dire, senza tema di smentita, che abbia “fatto la storia” (smentendo la pessimistica considerazione di Braudel, secondo cui l’uomo si illuderebbe di poter “fare la storia”, in quanto sarebbe sempre, al contrario, la storia a “fare gli uomini”), questi è sicuramente lui. E, l’ha fatta, diversamente da tutti i grandi condottieri e regnanti, di tutti i tempi (i vari Cesari e Napoleoni, per non dire Hitler, Stalin ecc.), con la sola forza della fede, del pensiero e della parola, senza mai ordinare che si compisse un solo atto di forza o che si versasse una sola stilla di sangue.
Come illustrato in un articolo di David Tarkover, apparso in un inserto speciale di Haaretz, pubblicato il 30 aprile, in occasione dell’anniversario, il padre del sionismo divenne una leggenda vivente già nel corso delle sua breve vita, diventando oggetto di uno straordinario culto della personalità, e la sua immagine fu riprodotta infinite volte, sugli oggetti più disparati (quadri, arazzi, tazze, tappeti, pacchetti di sigari, orologi, medaglie ecc.), come simbolo del nuovo ideale che infiammava gli animi degli ebrei di Europa, da Londra a Parigi, da Varsavia a Odessa a San Pietroburgo. Spesso tali ritratti non erano di altissima qualità, ma la loro esecuzione era facilitata dal fluente barbone di Herzl, la cui riproduzione non lasciava margini di dubbio sull’identità del personaggio effigiato, cosicché sovente gli artisti procedevano, semplicemente, col tratteggiare una grande barba nera, limitandosi a pochi lineamenti approssimativi per il resto del volto. Il ritratto di Herzl, così, divenne la più diffusa e riconoscibile icona del sionismo, la prima vera “bandiera di Israele”, mezzo secolo prima che Israele nascesse. Tanto che, nel 1900, in occasione di un ricevimento offerto a Londra da Sir Moses Montefiore, in occasione del quarto Congresso Sionista, un ufficiale inglese ebbe a dire: “La pubblicità del sionismo dipende completamente dalla bellezza del suo presidente. Se Herzl si tagliasse la barba, il sionismo finirebbe”.
Un’esagerazione, probabilmente. Ma è senz’altro vero che Herzl, oltre ad avere creato il sionismo e ad avere permesso – quarantaquattro anni dopo la sua morte – la nascita dello Stato di Israele, è stato fra i primi ad avere mostrato, nella storia moderna, non solo la forza della personalità, ma anche dell’immagine, al servizio di un’idea. Un’idea che (a differenza di tutte le altre che hanno animato il Novecento, spesso rivelatesi tragiche illusioni) conserva ancora intatto il suo fascino, la sua forza, la sua razionalità. Ringraziamo, a centocinquant’anni dalla sua nascita, il suo creatore. E anche, perché no, la sua barba.

Francesco Lucrezi, storico