…boicottaggio
Fino all’età di 62 anni mi sono rifiutato di visitare la Germania. Ho fatto di tutto per evitare di acquistare prodotti tedeschi. Posso ben dire, nel mio piccolo, di avere boicottato la Germania. Poi mi sono convinto che le condizioni storiche e culturali che giustificavano quelle scelte, anche per l’avvicendamento delle generazioni, erano cambiate. Ho visitato Berlino e non ho problemi a guidare un’autovettura prodotta in un altro paese su una piattaforma concepita in Germania. Il boicottaggio di un prodotto è un fatto legittimo quando riflette la scelta personale di un consumatore. Lo è meno quando segue la scelta politica delle organizzazioni di distribuzione, anche se velata attraverso fumosi comunicati stampa. Il boicottaggio oggi va anche capito per quello che è realmente: se un particolare frutto di pompelmo è stato colto in Cisgiordania, il seme è stato elaborato nei laboratori della facoltà di Agricoltura a Rehovot, ben al di qua della linea verde, il lavoro di sterro lo ha fatto un operaio palestinese, l’autocarro per il trasporto dei frutti magari lo ha prodotto l’IVECO, e la benzina è stata acquistata in Egitto. Ciò che è stato realmente boicottato è un certo albero, e tutti coloro che vi hanno lavorato attorno. Rammentiamo ai boicottatori che nel 2008 Israele ha esportato in Italia per 1.669 milioni di dollari, ma ha importato per 2.554 milioni, con un eccedente a favore dell’Italia di 885 milioni. Per avere i mezzi per comperare bisogna anche poter vendere.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme