Gattegna: certe parole ricordano le tesi del secolo scorso
Milano – «Bernabei rispolvera, senza portare alcun elemento di novità, né alcuna notizia specifica, stereotipi che hanno caratterizzato un davvero triste passato… ». L’avvocato Renzo Gattegna è amareggiato. Ma da presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane non ha alcuna intenzione di tacere: «Anche perché queste esternazioni non sono casuali e non rappresentano un singolo episodio, ma fanno parte di un quadro ben preciso e ben noto».
Quello del «complotto ebraico»?
«Sono le posizioni di un cattolicesimo preconciliare ormai superato dagli eventi. E voglio qui ricordare le visite degli ultimi due Papi in sinagoga. Ma ovviamente non possiamo non essere preoccupati».
Non sono posizioni personali?
«A me sembra comunque assai grave la tesi di Bernabei per cui la crisi della società italiana sia stata determinata dall’attacco della finanza ebraica. Ancora più grave e preoccupante è la riproposizione del mito dell’esistenza di una finanza ebraica , tesi già diffusa lo scorso secolo con infauste conseguenze».
E come mai certe proposizioni vengono riproposte?
«Sostenere la tesi dell’esistenza di una organizzazione finanziaria ebraica ha il sapore del diversivo politico e mediatico: serve a spostare l’attenzione dai problemi veri verso soggetti esterni, riversando su questi ogni responsabilità. E questo che fa Bernabei. Purtroppo, sappiamo per esperienza che già in passato, in tempi di crisi economica, tanto in Italia quanto in Europa, si è cercato di trovare dei capri espiatori e di individuare dei diversivi».
Ma lei pensa che sia una posizione diffusa?
«In questa visione apodittica, si può facilmente arrivare a sostenere di tutto. E infatti c’è chi ha affermato addirittura la tesi per cui dalla finanza protestante ed ebraica sarebbero partiti anche il 68, la mafia e il passato, in tempi di terrorismo. È un atteggiamento in cui si può riconoscere l’incapacità di affrontare le questioni del nostro tempo con la dovuta serietà ed onestà intellettuali».
Eppure, sembravano posizioni superate.
«Lei dice? Io temo che ci sia ancora molto da lavorare. Se è vero che la posizione della Chiesa è andata molto avanti, è altrettanto vero che queste conquiste devono essere diffuse tra la popolazione, in tutti i livelli culturali. In caso contrario, alcuni strati della popolazione meno avvertiti potrebbero prenderlo per un ritorno di attualità di vecchi schemi».
Dunque, occorre vigilare?
«Antisemitismo e razzismo sono tendenze che nella storia dell’umanità sono ricorrenti. Non possiamo mai darle per sconfitte. Se vediamo che si riaffacciano, non possiamo che preoccuparci. La crisi italiana ha radici antiche, ma resta senza risposta il fatto che un uomo colto e di dialogo come Bernabei voglia rilanciare concetti così anacronistici e pericolosi proprio in questo momento».
M. Cre., Il Corriere della Sera, 31 maggio 2010