Il nodo di Gaza – Minerbi: “Facile parlare con il senno del poi”
Le notizie su quello che è accaduto nella notte tra la Marina dell’esercito israeliano e le navi della Freedom Flotilla rimbalzano ancora confuse, e centinaia di voci si alzano in tutto il mondo per condannare Israele, senza conoscere con precisione i fatti, come ha dichiarato alla Bbc un portavoce del Ministero degli Esteri israeliano.
Sergio Minerbi, diplomatico israeliano di origine italiana, già ambasciatore d’Israele presso la Comunità europea a Bruxelles, oggi professore universitario e commentatore di diverse testate giornalistiche, tra cui il giornale dell’ebraismo italiano “Pagine Ebraiche”, da Gerusalemme esprime le prime valutazioni su uno degli episodi più drammatici e destinati a far discutere degli ultimi anni.
Ambasciatore, come spiegare quello che è successo?
In realtà la situazione non è ancora chiara. Quello che è certo è che i soldati israeliani che dovevano ispezionare le navi della Freedom Flotilla si sono trovati davanti persone tutt’altro che pacifiche. Gli attivisti a bordo hanno tentato di linciarli, con coltelli, bastoni e armi da fuoco. Sono state rinvenute pistole e molte munizioni. I soldati hanno reagito. Ci sono stati feriti, si parla di una ventina di morti. Ma è troppo presto per dire di più.
Intanto sui giornali di tutto il mondo si parla di ‘assalto’ dell’esercito israeliano alle navi pacifiste, e Hamas esorta all’Intifada davanti a tutte le ambasciate israeliane. Secondo il suo parere, si rischia un’escalation?
Hamas è consapevole che una nuova Intifada o guerra non convenga a nessuno. Non credo quindi ci saranno particolari conseguenze. Certo è che da Gaza, Hamas continua a lanciare razzi, gli ultimi due giorni fa. Quello che sarebbe importante che i leader e l’opinione pubblica mondiale comprendessero, è che non c’è crisi umanitaria a Gaza. Tutti i giorni, compreso stamattina, 160 autocarri portano nella Striscia cibo e medicine. Anche nel caso della Flotilla, Israele ha offerto più volte di far sbarcare il carico ad Ashdod, e poi trasferirlo a Gaza. Ma questa proposta non è stata accettata. Perché? Come ha spiegato la portavoce dell’organizzazione, che guarda caso è rimasta a Cipro, questo non sarebbe stato possibile perché le navi non trasportano semplicemente generi alimentari e medicinali, ma materiale che compare sulla lista nera israeliana. Come il cemento, che serve per costruire i bunker. Altro che intenzioni pacifiche.
Dal punto di vista mediatico però questa operazione sta già avendo grosse conseguenze. Non si sarebbe potuto gestire meglio la situazione sin dall’inizio?
È facile parlare con il senno del poi, ma in questo caso non credo ci fossero molte alternative. La Freedom Flotilla aveva due obiettivi, è chiaro, da un lato danneggiare Israele dal punto di vista mediatico e dall’altro introdurre a Gaza materiale proibito. Questo andava impedito. Difficile immaginare qualcosa di diverso.
Questo episodio di inserisce nel quadro delle relazioni sempre più delicate tra Israele e Turchia.
La verità è che da due anni a questa parte il primo ministro Erdogan ha deciso di trasformare il suo paese in uno stato islamico e si è mosso di conseguenza. Sono le sue intenzioni a contare davvero. Dopo questa svolta, la Turchia si è avvicinata a Iran e Siria e la tensione con Israele ha iniziato a crescere. I fatti di questi giorni non sono che una manifestazione della nuova rotta, non rappresentano una novità nei rapporti tra Israele e Turchia di per sé.
Quali conseguenze dovrà aspettarsi Israele dal punto di vista dei leader politici e dell’opinione pubblica mondiale?
Io direi semplicemente ‘more of the same’. Chi è disposto ad ascoltare le nostre ragioni, continuerà a farlo, chi è contro di noi avrà una scusa in più per rimanere tale. Dal mio punto di vista il problema vero è un altro. Il mondo non vuole rendersi conto che Gaza oggi è governata da un regime terroristico. Hamas non vuole la pace, né accetterà mai il riconoscimento di Israele. La comunità internazionale, Unione europea in primis, continua ad aiutarli attraverso le organizzazione non governative. E questo non aiuta la pace.
Rossella Tercatin