Il nodo di Gaza – Vittorio Dan Segre: “La battaglia delle immagini”

“Fa caldo, il termometro segna già 34 gradi”. Vittorio Dan Segre, diplomatico, giornalista e autore di numerosi libri, tra cui “La metamorfosi di Israele” (Utet, 2006) cerca di sorridere, rispondendo alla domanda “Com’è l’atmosfera oggi a Gerusalemme?”. Poi però arriva il momento di addentrarsi nella valutazione dei fatti di ieri. Il giorno dopo gli scontri a bordo della nave turca Mavi Marmara, ammiraglia della Freedom Flotilla, lo scenario non si è placato. La comunità internazionale e i giornali esprimono condanne durissime nei confronti di Israele, con poche voci fuori dal coro. Il primo ministro Netanyahu rimanda l’incontro con Barak Obama e rientra a Gerusalemme. Le relazioni tra Israele e Turchia sembrano aver raggiunto il punto più basso.
Professor Segre, cosa si dice in Israele di quello che è accaduto?
Il sentimento prevalente è la grande ammirazione per i ragazzi di 18 o 20 anni che sono stati chiamati a compiere questa operazione, mandandoli allo sbaraglio. Hanno rischiato il linciaggio e sono stati straordinari.
Quindi lei pensa che l’errore non sia stato materialmente dei soldati che erano a bordo delle navi, ma dei vertici politici e militari?
Bisogna dire che fermare quei traghetti che, con la scusa degli aiuti umanitari, trasportavano terroristi per supportare altri terroristi, era necessario. Però penso si potesse evitare che succedesse quello che è accaduto. Per esempio portare una nave di pompieri, che con gli idranti disperdesse la folla. Così i soldati israeliani dall’elicottero si sarebbero calati su un ponte vuoto, non in mezzo a un gruppo di gente pronta a massacrarli a bastonate, e non solo, come si è visto dalle immagini. A quel punto i soldati non potevano fare altro che difendersi. Non voglio esprimermi su responsabilità dei vertici politici e militari, ma diciamo che se si fosse trattato del mio reggimento, 60 anni fa, avrei pensato che gli ordini erano stati dati molto male.
Quali pensa che saranno le conseguenze dal punto di vista dei rapporti di Israele con la comunità internazionale?
Purtroppo quando vengono diffuse notizie come quelle di ieri, è difficile pensare che le opinioni pubbliche non prendano le parti di quelli che appaiono come civili innocenti, colpiti mentre agivano con le migliori intenzioni. La realtà è molto diversa, ma non si vede, far passare il messaggio è complesso. Questa era una spedizione di aiuti aggressivi, mascherati da soccorsi umanitari, una chiara provocazione. Non si pensa al fatto che se a Gaza non c’è crisi alimentare, è perché lo stesso Stato d’Israele manda ogni giorno tonnellate di cibo e medicine, per non far pagare alla popolazione le follie del regime di Hamas. Non si comprende in Europa il pericolo di un Islam radicale e aggressivo che si rafforza sempre di più, né il ruolo di Israele come primo difensore dei valori occidentali. Temo che vincere la battaglia delle immagini sia impossibile.
Parlando di Islam radicale, anche in Turchia, fino a qualche anno fa un paese musulmano secolarizzato e uno dei più importanti alleati di Israele, sembra essersi avviato un processo di radicalizzazione.
Io non penso che in Turchia stia prendendo piede l’Islam estremista. Semplicemente l’attuale governo ha compreso i vantaggi politici, ma anche commerciali, che una politica ostile nei confronti di Israele crea nei rapporti con i paesi dell’area, Iran in testa. A farne le spese sono le relazioni con lo Stato ebraico che da tre anni a questa parte sono in costante deterioramento. Se si arriverà a una rottura definitiva però non so dirlo.
Lo Stato d’Israele ha dimostrato in molte occasioni che nelle sue strategie militari, ma anche politiche, il danno d’immagine non viene preso in particolare considerazione. Secondo lei sarebbe necessario cambiare tattica da questo punto di vista, oppure è giusto che prevalgano altre esigenze?
Se posso fare un gioco di parole, direi che la politica dell’attuale governo, si è rivelata, in troppi casi, poco politica. Considerando anche l’isolamento a cui Israele rischia di andare incontro, direi che un po’ di saggezza e prudenza in più, sarebbero auspicabili.

Rossella Tercatin