Così i pacifisti linciavano i soldati

Alle tavole di Mosè è stato aggiunto l’undicesimo comandamento: guai a stare con Israele. Chi sgarra paga un caro prezzo: insulti, disprezzo, attacchi rabbiosi. Il nostro titolo di ieri ha scatenato un putiferio: “Israele ha fatto bene a sparare”. Il Giornale è stato bersagliato, ma anche lodato. Ciò che sorprende è come tanta gente si sia scagliata contro la Stella di David senza sapere cosa in realtà fosse successo in mare. E dire che il Tg2 delle ore 13 ha mandato in onda un filmato che dovrebbe chiudere ogni discussione, perché dimostra che i sedicenti pacifisti erano guerriglieri attrezzati di tutto punto. E pestavano di brutto. Le immagini sono documenti utili a capire. Si vedono i soldati israeliani che, uno alla volta, si calano dagli elicotteri con le funi per raggiungere il ponte della nave. Non appena il primo di essi sta per arrivare a destinazione viene aggredito con foga bestiale dai signori della spedizione umanitaria: spranghe, bastoni, pugni. Addirittura esplode una bomba molotov, ovviamente pacifista ma bomba. Più che un pestaggio, un linciaggio. Tanto è vero che il soldato viene scaraventato, ormai privo di sensi, da un ponte all’altro come una palla da rugby. Impressionante, disgustoso. Nel frattempo un secondo soldato aggrappato alla corda posa un piede sull’imbarcazione: identico trattamento. I simpatici guerriglieri della pace sono simili a tori infuriati, menano i militari ancor prima di conoscerne le intenzioni. Botte preventive, tipiche di sant’uomini che vanno in giro non con il ramo d’ulivo bensì con armi improprie e perfino coltellacci (si possono ammirare nelle foto). Il filmato non mostra la sparatoria. si interrompe. Logica sugerisce che la mattanza sia avvenuta per impedire che il linciaggio (i linciaggi) arrivasse alle estreme conseguenze. I commilitoni dei feriti davanti alla scena orrenda delle violenze avevano due opzioni: abbandonare nelle mani dei «macellai» i compagni oppure sparare per salvarli. Hanno scelto la seconda, e chi li condanna non sa che dice, accecato dal pregiudizio antisraeliano. Soprattutto ignora che Israele è in guerra contro il mondo arabo che ne auspica la riduzione in cenere. Ignora che Hamas è complice e (…) (…) alleata con l’Iran governato da un folle che progetta la bomba atomica per sganciarla su Tel Aviv e sterminarne la popolazione. Ignora inoltre che sulle navi della flottiglia della pace c’era il peggio del terrorismo antiebraico, tra cui il noto vescovo della chiesa melkita Hilarion Capucci, quello che trasportava armi in Mercedes e che vanta un curriculum eccellente di aiutante dell’Olp, e Raed Salah, leader massimo dei movimenti islamici. Ignora che nessuno, tantomeno bande di tinti pacifisti, cioè lupi vestiti d’agnello, può violare uno Stato sovrano introducendovi materiali vari e attraversando il mare per approdarvi clandestinamente.
Ignora che ad una aggressione si risponde con mezzi adeguati; e siccome si dà il caso che i soldati israeliani non avessero propositi bellicosi, altrimenti non si sarebbero calati uno ad uno sulla barca, esponendosi al tiro dei «pacifisti», è del tutto evidente che ad aprire le ostilità sono stati i secondi e non i primi, il cui scopo era far rispettare il blocco. Che poi si giudichi la reazione dei militari eccessiva e probabile causa di complicazioni diplomatiche su scala internazionale, questa è una opinione che prescinde dai fatti, perché i fatti sono quelli descritti da noi e non altri. Si dice che la vita umana è sacra e non può essere stroncata per alcuna ragione. Giusto. Ma è vita umana anche quella dei soldati israeliani sottratti a fatica al linciaggio, non solo quella dei finti pacifisti, talmente pacifici da massacrare dei ragazzi appesi alle corde e impossibilitati a difendersi, avendo le mani occupate. C’è anche una odiosa componente di viltà in questi turisti del pacifismo armato che rende ancor più legittima la dura risposta israeliana. Chi si indigna non è informato, ma deformato da sentimenti di criptorazzismo verso un popolo perseguitato che a fatica impone il suo diritto ad esistere.

Vittorio Feltri, Il Giornale, 2 giugno 2010