“La caccia di Salomon Klein”
Tel Aviv, luglio 1942. “Perché io?” domanda Salomon Klein, ebreo tedesco piuttosto assimilato, approdato in Palestina fuggendo dalla Germania nazista, a David Ben Gurion, quando il futuro Primo Ministro dello Stato d’Israele lo convoca nel suo studio per affidargli una missione. “Potrei darle cento ragioni eppure non basterebbe. Di molti che vivono in questa terra, alcuni sono in fuga dal passato, altri vogliono vivere ancora nel passato. Lei non ha dimenticato chi è stato. Non so neppure se, quando finirà la follia che è scesa sul mondo, resterà con noi. E non mi interessa neanche. Lei vuole soltanto mettere d’accordo il passato e il presente, non alterarli. E ritrovare quel filo che ha smarrito. Non sarà facile e non sono certo che ci riuscirà. Ma nel farlo sarà un nemico implacabile di chi nega il senso del passato per costruire un presente senza giustificazioni nella storia e nei sentimenti. Per questo ho scelto lei”. Questa è la risposta che il grande architetto dello Stato ebraico dà nell’immaginario incontro con il protagonista de “La caccia di Salomon Klein”, edizioni Mursia 2010. Un romanzo che racconta una storia inventata, ma fino a un certo punto, come spiega l’autore, il giornalista Massimo Lomonaco. Perché sullo sfondo rimangono profili storici tanto inquietanti, quanto poco conosciuti: il progetto di Hitler e Himmler di portare la Shoah direttamente là dove tanti ebrei europei si stavano rifugiando, in Palestina, se Rommel avesse sconfitto gli inglesi a El Alamein, e il piano di Ben Gurion di radunare tutti gli ebrei sul monte Carmelo per difendersi se fosse accaduto. Sarà proprio sventare questo pericolo il compito che viene affidato a Salomon Klein nel colloquio. “A chi sostiene che Israele sia nato esclusivamente grazie alla Shoah, voglio dimostrare che l’aspirazione e la lotta politica del sionismo, nascono ben prima, così come lo scontro con gli Arabi”. Così Massimo Lomonaco ha raccontato il suo nuovo libro, presentandolo insieme all’onorevole Emanuele Fiano e allo storico David Bidussa alla libreria Mursia di Milano “Salomon non è sionista, va in Palestina perché è l’unico posto in cui può andare. E a lui, uomo sospeso tra il passato e il presente, spetterà il compito di vendicare la parte più colpita”.
“Trovo che questo libro, oltre a essere avvincente e quasi giallistico, rappresenti uno strumento importante per comprendere le tensioni irrimediabilmente irrisolte che pervadono lo Stato d’Israele – ha spiegato Emanuele Fiano – Contraddizioni e difficoltà che chi vive, ma anche chi ama questa terra, respira quotidianamente. Che non prescindono dall’attualità, nei suoi rapporti con l’Europa, nel panarabismo estremista e antiebraico del movimento dei Fratelli musulmani, ma anche nel fatto che, finché da ambo le parti del conflitto, si parla e si agisce in termini di epica e di eroismo, sarà difficile uscirne”. E sulla differenza tra l’intelligenza politica di Ben Gurion, e quello che ha definito come “lo scontro attuale, che non porta nessuna utilità, come uno spettacolare derby, che non si propone di finire mai” ha posto l’accento David Bidussa. “Oggi manca la percezione della finalità politica del conflitto, sembra che non si sappia dove si vuole arrivare. Ho trovato ‘La caccia di Salom Klein’ un vero trattato sull’intelligenza politica, perché forse Ben Gurion non ha mai pronunciato quelle esatte parole, ma non ha importanza. Sapeva bene quale era l’obiettivo da raggiungere, e come misurarsi col risultato”.
Rossella Tercatin