Pavoncello (Maccabi): “C’è bisogno di unità”

L’ebraismo e Israele stanno vivendo un momento molto difficile. Lo testimoniano diversi fatti: tra questi – a livello internazionale – la campagna mediatica legata alla Freedom Flotilla e la prospettiva – sul piano interno – di un congresso dell’Unione delle comunità che non si annuncia tranquillo, visti i temi in discussione come quello della riforma dello statuto e delle modalità elettorali. Fatti che imporrebbero un’unita’ di intenti – pur tra le dovute differenze di vedute e impostazioni- a favore di un confronto costruttivo. Non contrapposizioni personali e polemiche fuori luogo. Nelle ultime settimane il dibattito mi e’ apparso invece foriero di ulteriori divisioni, come se il risultato elettorale di alcune realtà (mi riferisco in particolare a Milano e Venezia e anche alla vicenda delle dimissioni a Roma) fosse l’occasione per una resa dei conti o, di contro, di una rivalsa, che non può e non deve esserci nell’ebraismo italiano. Tutti noi – me compreso, nella sua modesta carica di presidente del Maccabi Italia – non siamo altro che mandatari del meglio per gli ebrei italiani. Questa la pratica, questo l’obiettivo, questo il risultato da conseguire. Eppure leggo sui giornali (tutti) interviste, dichiarazioni, interventi che mi lasciano stupefatto. E siccome non sono nuovo al panorama comunitario, intendo benissimo tra le righe quale invece siano la pratica, l’obiettivo e il risultato che si vuole raggiungere. E non va bene. Si discuta tutto, si rovesci l’organizzazione data, si crei una nuova casa comune, ma lo si faccia per il meglio e non per perseguire equilibri, organigramma, strutture tese ad escludere più che a includere. Ma soprattutto lo si faccia in Congresso, luogo d’elezione per il dibattito e il confronto. Per questo interviste come quella, recente, del neo presidente di Milano Roberto Jarach su ‘La Stampa’ a firma di Chiara Beria d’Argentine mi sono apparse già ‘segnate’ da un clima che non accetto. Mi riferisco ai suoi ‘distinguo’ nei confronti di Riccardo Pacifici, assolutamente fuori luogo, col chiaro intento si segnare un solco tra la Comunità di Milano e quella romana. A scanso di equivoci, avrei avanzato le medesime considerazioni se lo stesso avesse fatto Riccardo Pacifici. E sono pronto a riscrivere a la stessa lettera, se il presidente di Roma, dovesse replicare a Jarach con la stessa logica. Stiamo andando verso una stagione di confronto che richiede nervi saldi e mente fredda. Ciò che sarà deciso nel Congresso di dicembre rappresenterà la ‘casa’ dei prossimi anni degli ebrei italiani e la loro capacita’ di rapportarsi nel modo migliore con se stessi e il mondo esterno. Non solo ma si dovrà decidere come rappresentare al meglio, e in maniera più efficace, le molteplici realtà istituzionali, comunitarie, culturali, sportive, che animano l’ebraismo italiano. Ognuna di esse rappresenta una ricchezza da non mortificare ma da vivificare. E che soprattutto non ha bisogno di divisione, bensì unita’ per rimanere aggrappati alla nostra identità ebraica.

Vittorio Pavoncello, Presidente Federazione Italiana Maccabi