…Shalit
Intorno alla mobilitazione per Gilad Shalit si sono verificate divisioni, assenze, silenzi. Una faccenda vista come un episodio tra gli ebrei e i rappresentanti degli enti locali, cui ha preso parte un pizzico di esponenti pubblici. Un episodio dove non conta nemmeno la distinzione destra-sinistra, perché eccettuati un po’ di esponenti politici di qui e di là non c’era nessun “popolo” nemmeno in formato ridotto. La scena apparentemente sembra simile a quella di altre volte. Vorrei pensarlo, ma non ne sono convinto. C’è oggi un tipo di silenzio che non discende né dall’odio, né dall’astio, bensì dall’indifferenza. Un sentimento che nasce dal fatto che la persistenza della lunga e irrisolta “questione mediorientale” alla fine si è risolta nel disinteresse come conseguenza della noia, della permanenza di una condizione che molti percepiscono come sempre eguale a se stessa. Dove succedono ogni giorno molte cose, ma comunque non cambia nulla. E dove, dunque, non è indispensabile “esserci” o “interessarsi” o “schierarsi” e, persino, diventa anche incomprensibile quel continuo parlarne, se non addirittura fastidioso.
David Bidussa, storico sociale delle idee