La «sindrome paolina» e l’esclusione di Israele

È difficile capire l’attuale esclusione di Israele dalla comunità mondiale, se non si guarda molto indietro nei secoli. Perché ciò che opera sotterraneamente in tutto lo spettro politico, nei media e in molte organizzazioni «umanitarie», è quella che si potrebbe chiamare la sindrome paolina della manipolazione.
Quando ha voluto fondare la propria identità il cristianesimo delle origini ha tentato di dissociare Israele in carne e in spirito; ha relegato quindi gli ebrei allo statuto inferiore della carne e ha conferito ai cristiani la parte migliore di Israele, il suo spirito. Che di ciò si possa ritenere responsabile solo Paolo è questione aperta. Ma il cristianesimo, nella sua ambizione a soppiantare Israele con la universalità, con la «cattolicità», ha costituito il primo sistema compiuto di esclusione degli ebrei come popolo. Paolo legge la elezione di Israele in modo gerarchico e particolaristico, non come una benedizione per le nazioni. Pone quindi le basi dell’elezione cristiana contro il popolo ebraico, condannato a perdere ogni legittimità. Passa il «messaggio» che il cristianesimo abbia fornito all’ebraismo una apertura universale di cui era privo. Peccato che l’espansione dell’universale cristiano, cioè l’evangelizzazione, abbia assunto nella storia forme imperialistiche e che l’universale cristiano sia stato universale … meno uno, che abbia potuto proclamarsi tale solo con l’esclusione del popolo ebraico, riprovevole perché refrattario e ribelle alla universalizzazione.
La sindrome paolina funziona ancora. Ed è la stessa antica riprovazione che colpisce oggi Israele ed elegge (ma non aiuta) i palestinesi. Si spiega così quanto questa manipolazione sia diffusa, anche solo per inconsapevolezza e ignoranza, tra i cattolici e gli ex-cattolici di sinistra (ma la diffusione è trasversale). E si spiega anche la fortuna recente, nel pensiero contemporaneo, della «teologia politica di Paolo» che passa attraverso una appropriazione grave e arbitraria delle splendide pagine di Jacob Taubes.
La manipolazione consiste nel proiettare il ruolo di vittima che il popolo ebraico, suo malgrado, ha dovuto subire, e soprattutto la dimensione profonda della «speranza» di cui Israele si è fatto portatore, la grandiosa eredità della sua storia, a profitto dei palestinesi, il nuovo popolo eletto della morale internazionale, chiamato a nascere sulle rovine di Israele.

Donatella Di Cesare, filosofa