Missione in Israele – Gattegna: “In primo piano il ruolo italiano, dal processo di pace all’impegno per la libertà di Gilad Shalit”

“L’Italia è sempre più vissuta da Israele come un interlocutore privilegiato e rispettato, tenuto in notevole considerazione anche dall’Autorità nazionale palestinese”. Il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna conclude con questa sensazione, densa di speranza per il futuro, il viaggio in Israele che in questi giorni visto il presidente della Camera Gianfranco Fini impegnato in una missione a cui hanno preso parte anche i deputati Emanuele Fiano, Fiamma Nirenstein e Alessandro Ruben oltre ad altri parlamentari della maggioranza e dell’opposizione (nell’immagine il presidente Ucei a Gerusalemme assieme a Fini e all’onorevole Fiamma Nirenstein). Una visita che ha spaziato su un ventaglio ampissimo di temi: dalle sorti del soldato Shalit alle prospettive di pace in Medio Oriente al rispetto della Memoria.
Renzo Gattegna, che già aveva accompagnato nelle loro visite istituzionali in Israele il presidente Giorgio Napolitano e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ha visitato insieme a Fini Yad Vashem e con lui ha deposto una corona in memoria di quanti perirono nei campi di sterminio. Al fianco del presidente della Camera ha incontrato gli ebrei italiani di Gerusalemme e ha vissuto l’emozionante accoglienza tributata alla delegazione italiana dalla Knesset e dal suo presidente Reuven Rivlin.
Presidente, qual è il bilancio di questo viaggio istituzionale?
Largamente positivo. Ogni incontro aiuta a rinsaldare le relazioni tra l’Italia e Israele e a rendere sempre più stretto il rapporto reciproco. L’Italia è senz’altro il Paese europeo più disposto ad ascoltare le esigenze e le richieste d’Israele, soprattutto in questo difficile periodo in cui le minacce iraniane e l’allontanamento della Turchia, finora considerata un alleato, ne stanno mettendo a rischio la sicurezza.
Spesso in questo viaggio si è parlato della sorte di Gilad Shalit.
Sia da parte italiana sia israeliana si è espresso dolore e preoccupazione per la mancata soluzione di questa situazione e perché le modalità della prigionia violano le convenzioni internazionali. Non solo Shalit non viene infatti rilasciato ma non sono consentite, come sarebbe d’obbligo, visite da parte della Croce rossa o di analoghe istituzioni umanitarie per verificare le sue condizioni di salute. E’ un gioco spregiudicato: come se quest’uomo fosse una merce il cui valore aumenta con le sofferenze. Ritengo però siano inutili tutte le richieste e le implorazioni. Non possono, a mio giudizio, agevolare una soluzione positiva. Quello che sarebbe necessario è invece trovare il modo di rendere questo sequestro dannoso sul piano morale e politico.
Un momento importante è stato l’incontro con gli italkim a Gerusalemme, nel complesso del Tempio italiano.
In quel contesto la presenza dell’UCEI insieme alla delegazione dei deputati ha avuto la duplice valenza positiva di sottolineare il legame tra Italia e Israele e quello che oggi intercorre fra le Comunità ebraiche italiane e le Istituzioni italiane. Per questo ho voluto ricordare l’apposizione alla Camera, nella sala della Regina, della targa in ricordo dell’emanazione delle leggi razziali del 14 dicembre 1938. Quella targa, apposta nel 2008 insieme al presidente Fini, e il Convegno organizzato in parallelo, rappresentano una sorta di riscatto per marcare la differenza tra l’attuale parlamento democratico e la Camera dei fasci e delle Corporazioni dove fu approvata la legislazione antisemita.
Che cosa significa per l’UCEI questo viaggio al fianco del presidente della Camera?
E’ la dimostrazione del fatto che questi 65 anni di libertà, il periodo più lungo nella storia ebraica europea, hanno portato allo sviluppo di relazioni a tutti i livelli: sociale, politico, religioso. È un cammino positivo che ci pone oggi in una situazione incomparabilmente migliore di quella dei nostri antenati e ci consente di comunicare, spiegarci, farci conoscere e così lottare contro i residui di pregiudizi. Credo sia il modo più giusto per sperare di avere futuro migliore.

Daniela Gross