Quali rabbini, quale futuro – “Il complesso dell’accerchiamento”

Sui ghiurim e sul Tribunale rabbinico unico anche rav Riccardo Di Segni ha ragione. Vi è sicuramente nelle nostre comunità chi desidererebbe condizionare più o meno pesantemente la politica delle conversioni (e non solo quella), anche al di fuori del sistema halakhico di decisioni che spettano al rabbino e al Tribunale rabbinico.
Ciò che sembra tuttavia fondamentale è non mettere tutti gli interlocutori della questione sullo stesso piano, annullando sfumature di pensiero di un certo rilievo. Oltretutto, si rischia così di perdere anche il sostegno di quella parte di Comunità che la pensa in modo non molto diverso dagli stessi rabbini. Bisogna allora provare ad abbandonare il complesso dell’accerchiamento.
Fra coloro che credono nel Beth Din unico e, soprattutto, assolutamente indipendente dalla struttura comunitaria vi è chi spera che la nuova istituzione
1. renda più unitarie e coerenti le scelte in materia di halakhah;
2. si sostituisca a quei rabbanim di comunità che, per motivi diversi, non sono preparati ad affrontare problemi che coinvolgono delicate tematiche di identità ebraica individuale;
3. liberi i rav di comunità dal fardello di polemiche implicite in queste decisioni (come ammette rav Di Segni stesso);
4. eviti che polemiche personalizzate ricadano sulla vita della comunità incidendo distruttivamente sul rapporto fra rav e comunità;
5. possa dedicarsi a tempo pieno a seguire i percorsi di ghiur e la loro soluzione.
Tutto ciò detto, va ribadita la necessità di garantire a priori l’autonomia assoluta del Beth Din nella gestione delle sue competenze, per sgombrare il campo dall’idea (timore/speranza?) di trasformare il ghiur in un rituale di conversione automatica.
Da questa parte del fossato, insomma, non si sta cercando di favorire procedure riformate.

Dario Calimani, Consigliere Ucei