Quali rabbini, quale futuro – Dialogo sereno, intenti costruttivi
Sono costretto, mio malgrado, a intervenire nel dibattito che si è aperto sul rabbinato per fornire una precisazione ed alcuni opportuni aggiornamenti. La precisazione è questa: nell’assemblea dei delegati svoltasi l’11 aprile, le proposte di revisione dello statuto avanzate dalla Commissione sono state oggetto di numerose e variegate critiche. La proposta sulla quale si è registrato un maggiore consenso è stata quella relativa all’articolo 49 dello statuto, sull’assemblea rabbinica, ove la Commissione propone di aggiungere un periodo finale che attribuisce all’ARI il compito di definire le linee guida per i percorsi di conversione all’ebraismo (è facile replicare che sono già nello Shulchan Aruch). A tale proposta la Commissione ha sempre aggiunto una postilla: l’ideale sarebbe avere un unico Beth Din nazionale. E proprio l’unicità del Beth Din nazionale ha visto la convergenza della gran parte dei delegati presenti l’11 aprile. E’ una convergenza che dovrebbe far riflettere tutti. D’altra parte, il Beth Din unico nazionale sarebbe un’istituzione forte ed autorevole, perché garantirebbe quella uniformità di giudizio che finora è mancata e la cui mancanza suscita malcontenti e polemiche. Rav Di Segni, nel suo commento pubblicato il 27 giugno, si riferisce alle proposte interlocutorie formulate dalla Commissione in assenza di un dialogo con la componente rabbinica. Sono lieto di informarlo che, a seguito di un proficuo incontro svoltosi il 10 giugno, il dialogo è stato avviato e diverse questioni sono state risolte; in particolare:
• si è concordata una modifica all’articolo 2, comma 3, prevedendo che sulla richiesta di iscrizione decida la Giunta delle comunità, previo nulla osta del rabbino e non “sentito il” rabbino, proprio per evitare interpretazioni capziose della norma;
• si è risolto un dubbio interpretativo relativo all’articolo 20 (sule competenze rabbiniche in materia di nullità e decadenza dalla carica);
• sugli articoli 49 e 50 la Commissione ha acceduto – come già detto nell’assemblea dei delegati – alla proposta di parte rabbinica di tornare alla consulta di tre rabbini senza membri di diritto.
Siamo ora in attesa che sui punti più controversi (rapporti tra rabbinato e comunità; ruolo dell’Assemblea rabbinica e Beth Din unico nazionale) i rabbini formulino proprie proposte, come concordato nell’incontro del 10 giugno.
Concludo con un auspicio: che il dialogo prosegua in serenità e con intenti costruttivi, prendendo atto di una realtà non proprio perfetta; l’intervento di rav Arbib pubblicato ieri fa ben sperare.
Valerio Di Porto, presidente della Commissione per la riforma dello statuto dell’ebraismo italiano