Kasherut: siamo tutti responsabili
La kasherut non può essere un privilegio di pochi che se la possono permettere o vivono in grandi Comunità: chi vuole mangiare kasher dovrebbe avere la possibilità di farlo. Credo che tutti concordiamo su questo. Eppure siamo sicuri che le cose stiano così? Possiamo affermare con tranquillità che non c’è nessun ebreo in Italia che avrebbe l’intenzione di mangiare kasher ma non se lo può permettere o non ne ha la possibilità? Direi proprio di no. Forse non si tratta di molti, ma basterebbe anche una sola persona per costringerci a riflettere. Un diritto per qualcuno implica responsabilità e doveri per qualcun altro. In questo caso, poi, parliamo di un diritto che è anche un dovere: non è una mitzvà garantire a tutti la possibilità di osservare le mitzvot? In questo caso, però, non è chiaro chi si debba considerare responsabile e chi abbia il dovere di agire. I rabbini? Le comunità? L’UCEI? Negli ultimi anni il problema è stato posto e sono state proposte e sperimentate soluzioni, in qualche caso con risultati positivi, ma quasi sempre a livello comunitario. La proposta, che è stata recentemente avanzata da più parti, di un marchio di kasherut nazionale non risolverebbe sicuramente tutti i problemi pratici, né quelli economici, ma potrebbe avere un importante valore simbolico: rappresenterebbe un’assunzione di responsabilità da parte di tutti gli ebrei italiani.
Anna Segre, insegnante