Quali rabbini, quale futuro – Il ruolo dei Maestri

Qual è il rapporto in materia halackica fra la decisione del Rav e l’opinione della maggioranza comunitaria, quali sono le problematiche poste dal Ghiur Katan quando riguarda bambini figli di madre non ebrea? Quale è la struttura di un mikve?
Questi sono stati soltanto alcuni dei temi affrontati nel corso del seminario rabbinico nazionale organizzato dal Collegio Rabbinico e dall’Assemblea Rabbinica Italiana in collaborazione con l’istituto Eretz Hemdà di Gerusalemme, che ha visto la partecipazione della gran parte dei rabbanim italiani.
Prima di dare inizio ai lavori i partecipanti sono stati accolti dal saluto del Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Sandro di Castro, il quale ha rivendicato la totale indipendenza dei rabbanim in materia di legge ebraica dai Consigli delle Comunità. Commentando un passo del Talmud nel trattato di Taanit, Di Castro ha sottolineato l’importanza del ruolo rabbinico all’interno delle comunità soprattutto quando queste vengono colpite da eventi negativi.
Sempre la figura rabbinica è stata al centro dell’intervento di Rav Alberto Somekh, che ha esaminato il rapporto fra Rav e Rov (intesa come maggioranza), approfondendo la relazione fra Torah e democrazia. L’intervento del Rav ha preso spunto dal verso 2 del capitolo 23 della parashà di Mishpatim: “non seguire la maggioranza per fare il male, non replicare ad una lite e segui la maggioranza nel giudicare”. Tale verso appare di difficile interpretazione e deve esser scomposto in tre parti. La prima “non seguire la maggioranza per fare il male “ che può riferirsi, secondo i diversi commenti, alla consistenza numerica delle parti in causa, al numero di giudici nel Sanedrin o al dibattito politico intracomunitario.
La seconda parte del verso è interpretata dalla tradizione rabbinica in riferimento alla figura del Rav, per cui non replicare ad una lite diverrebbe “Non contraddire il maestro”, con un gioco linguistico fondato sull’assenza di una lettera ‘Iod’.
In applicazione di questo principio la votazione nel Sinedrio nelle cause capitali doveva iniziare dai giudici meno esperti in modo che questi non fossero influenzati nella decisione.
Per quanto riguarda la terza parte del verso come è possibile coordinare il divieto di contraddire al Rav con l’obbligo di seguire la maggioranza se le opinioni sono in contrasto?
Rav Somekh ha innanzi tutto riportato un commento di Tosafot, che pone un limite al principio di “non contraddizione” per cui la figura del Rav non si può contraddire in maniera apodittica mentre lo si può fare argomentando le proprie tesi. Poi ha riportato un conflitto di opinioni sulla interpretazione del principio fra il Sefer Achinuch e Ramban, secondo il primo bisogna sempre seguire la maggioranza tranne il caso in cui vi sia qualcuno con una sapienza superiore,secondo il secondo il principio non vale nel Sinedrio ma occorre in caso di contrasto di opinioni istituire un collegio arbitrale che possa esaminare la motivazione delle opinioni dissenzienti.
Dopo di che Rav Somekh ha illustrato le opinioni dei maestri delle generazioni più vicine, ad esempio secondo Rav Shaul Israeli occorre distinguere fra momento della discussione e quello della successiva votazione, e il principio di “non contraddizione “ si applicherebbe soltanto alla discussione mentre poi ciascuno ha il diritto di votare come crede. Secondo Rav Eifers infine un Rav dovrebbe pretendere che le sue decisioni siano giudicate quantomeno da persone che rispettano la Torah e le mizvot, non potendo pretendere di esser giudicato soltanto da altri Rabbanim.
L’intervento di Rav Somekh è stato seguito da quello di Rav Joseph Carmel, che ha esaminato le problematiche poste dal ghiur (conversione) e in particolare dal ghiur katan per i figli di madre non ebrea, riportando diverse fonti sull’argomento. Infine al termine della mattina Rav Ron Klopstock della Yeshivat Hakotel ha illustrato il tema dell’Esilio della Schekinà e della successiva Gheulà nella visione di Ramchal e di Rav Kook.
Nel pomeriggio dopo la seduta plenaria della Assemblea Rabbinica Italiana Rav Elia Richetti ha illustrato alcune Teshuvot del rabbino Izchaq Rafael Tedeschi vissuto in Italia alla fine del diciannovesimo secolo, che evidenziano una sostanziale continuità nella struttura del Mikvè nelle comunità italiane.

Daniele Ascarelli