Giorgina Arian Levi – Un secolo di ricordi

Più di una volta, nelle infinite testimonianze portate nei convegni, nelle scuole, tra i giovani, Giorgina Arian Levi ha ricordato vicende della sua lunga vita, quasi entrate nella leggenda, ha parlato delle sue molteplici esperienze, delle sue lotte, dei suoi ricordi, ha raccontato episodi della sua gioventù.
Poco più di un anno fa ricordo di averle chiesto di fissare alcuni di questi momenti sulla carta stampata: davvero lo meritavano.
I suoi ultimi libri, in fondo, avevano raccontato pagine di storia. È vero che si trattava in qualche modo anche della sua storia, perché Simeone Levi, personaggio eclettico dell’ebraismo piemontese, è un suo antenato, la famiglia Montagnana rappresenta il ramo materno da cui proviene, l’emancipazione ebraica e la storia degli ebrei del Piemonte nel momento dell’uscita dai ghetti fanno parte della sua storia personale, perché ancora suo padre le ha lasciato un ricordo vivo dei familiari vissuti nel ghetto di Torino e lei stessa aveva dedicato nel 1933 la sua tesi di laurea alle vicende degli ebrei nel Regno sardo.
Ma di lei, della sua testimonianza umana, di donna da sempre impegnata tra storia e politica, a eccezione delle memorabili pagine sul suo esilio in Bolivia descritte nel libro Avrei capovolto le montagne, Giorgina non aveva scritto quasi nulla.
Eppure, il suo coraggio, le sue battaglie, la sua fierezza, la sua energia, il suo esempio, erano e sono noti a tanti, ma non abbastanza. Bisognava dunque che quei ricordi fossero tradotti in libro.
È nato così Tutto un secolo, un libro di memorie, ma non solo.
Quando, agli inizi del 2004, le avevo suggerito di scriverlo, Giorgina aveva tentato una timida resistenza, dicendo che era stanca, che aveva superato i novant’anni e che un altro libro le costava fatica. Ma intanto, mentre rispondeva così, stava lavorando alacremente alla trascrizione di una lunga intervista che lei stessa in quei mesi aveva registrato con Nina Montedoro, la cui storia l’aveva appassionata a tal punto da invitarla a ripercorrerla tutta.
Forse proprio l’incontro con Nina Montedoro e il racconto che ne è nato ha costituito per Giorgina lo stimolo per scrivere ancora, per fissare anche taluni suoi ricordi personali di vita vissuta.
Lei ha così scelto di scrivere frammenti della sua gioventù e della sua vecchiaia, due momenti fondamentali di un’esistenza unica, ricca di esperienze, vigile su tutto quello che le accadeva e le accade intorno, sempre attentissima a quello che si muove nella società, ai grandi temi del dibattito politico-sociale, ai giovani, tra i suoi interessi dominanti.
In poco tempo si è allora messa a scrivere di getto e sul suo modernissimo computer portatile, a 94 anni compiuti, ha evocato alcuni di quegli episodi che talvolta ha raccontato a platee di studenti.
I ricordi sono usciti nitidissimi: nomi, date, giochi, parlate, dettagli, le sono affiorati alla mente e sono comparsi sulla carta.
Ha descritto pagine della sua infanzia di bambina nella prima guerra mondiale, il suo ginnasio, la scuola frequentata in pieno fascismo, i suoi incontri e scontri con i professori che più amava, le sue speranze, i suoi dubbi, la sua vita quotidiana.
Quella vita quotidiana che è stata fertile terreno per il formarsi della coscienza morale, civile e politica di Giorgina Arian Levi, che in fondo si è sempre occupata poco di sé e molto degli altri, con un impegno e una passione vera per tutto quanto la circonda, per l’educazione e il mondo della scuola, per i giovani e le donne, per il movimento operaio e i popoli oppressi, per chi è straniero, per il mondo ebraico, grande amore di una vita, ma soprattutto degli ultimi trent’anni.
“Un aspetto – scrive Giorgina Levi nelle sue pagine – per me fondamentale dell’educazione ricevuta sin dall’infanzia dai miei genitori, ma soprattutto evidentemente dalla mamma, è stata la libertà”. E sarà proprio la ricerca della libertà una delle costanti di tutta la sua vita.
Infanzia e vecchiaia: nel libro si assiste ad un salto di oltre mezzo secolo, che la porta dagli anni Venti, quando, giovane ebrea, frequentava il liceo, agli anni Novanta, allorché si trova a vivere nella Casa di Riposo Ebraica di Torino, dove nasce un piccolo diario, appunti veloci, storie di ospiti.
Qui avviene l’incontro con Nina Montedoro, l’indomita ebrea proletaria, come la definisce Giorgina, che giorno dopo giorno la registra, come sa fare lei, vera appassionata della testimonianza orale, affascinata dall’intelligenza e dall’operosità di “questa piccola donna ebrea di 86 anni, dagli splendidi occhi azzurri”.
Il libro termina con una testimonianza del suo impegno politico-culturale: una lezione sull’antisemitismo, un osservatorio sul pregiudizio duro a morire e sui punti di convergenza tra i valori dell’antifascismo e quelli dell’ebraismo.
L’impegno, il rigore e la passione di Giorgina continuano, nuovi scritti l’attendono.
L’augurio che tutti oggi le facciamo è di continuare a raccontarci, a testimoniare, ad essere con noi per molti e molti anni ancora.

Giulio Disegni
(Ha Keillah – ottobre 2005 / Tishrì 5766)