…genocidi

E’ successo solo quindici anni fa. Il massacro di Srebrenica, oltre ottomila uomini bosniaci assassinati dai serbi di Mladic, un massacro che la Corte Internazionale di giustizia dell’Aia ha definito nel 2007 con il termine, carico di implicazioni dal punto di vista del diritto internazionale, di “genocidio”, è iniziato dopo la resa ai serbi di Srebrenica, l’11 luglio 1995, nell’indifferente complicità dei caschi blu dell’ONU, olandesi, che avevano il compito di proteggere i bosniaci. E ieri è stato commemorato con la sepoltura dei resti di 775 vittime, esumate dalle fosse comuni e identificate con il test del DNA, che si aggiungono alle altre 3749 che hanno già trovato un nome e una sepoltura nel cimitero di Potocari. Gli altri, sono ancora senza nome. Alla cerimonia di ieri era presente anche il presidente serbo Tadic, che ha elevato un appello alla riconciliazione e si è impegnato a cercare (sic!) Mladic, finora protetto da Belgrado, e a consegnarlo al tribunale internazionale. Ricordo questi fatti ben noti, e la cerimonia di ieri, perché, stranamente, non ne ho trovato traccia nella rassegna stampa dell’UCEI di ieri. L’agenzia che cura la rassegna stampa non ha evidentemente pensato che fosse una notizia significativa per gli ebrei. Eppure, se è vero che i genocidi riguardano tutti, forse, proprio per la loro storia, possono coinvolgere in particolare gli ebrei. Sembra ovvio, ma forse bisogna ribadirlo. E possiamo farlo con le parole di Eli Wiesel, che nel 1993, quindi prima di Srebrenica, all’inaugurazione del Museo dell’Olocausto a Washington, si rivolse all’allora presidente Clinton e gli disse di essere stato nell’ex Jugoslavia e di non riuscire a dormire per quello che aveva visto. “Qualcosa deve essere fatto, qualcosa dobbiamo fare per fermare le uccisioni” gli disse.

Anna Foa, storica