Supernova SN2005E, storia di una stella

Sebbene in ambito cinematografico, l’esplosione di una stella sia un effetto speciale piuttosto normale e ripetitivo, in campo scientifico è un fenomeno che offre continuamente nuovi spunti di ricerca e di riflessione sull’origine stessa dell’universo.
L’esplosione di una supernova rappresenta l’ultimo atto, distruttivo e spettacolare, del ciclo evolutivo di una stella cosiddetta massiccia. Durante l’esplosione viene liberata un’enorme quantità di energia e la stella diventa così luminosa da splendere più di una intera galassia. La luce emessa dalla stella in seguito all’esplosione ha una persistenza di qualche mese ed è paragonabile alla luce che il nostro Sole è in grado di irradiare in un miliardo di anni.
Fino a oggi, gli scienziati avevano identificato solo due modi in cui una stella, arrivata alla fine della sua vita, potesse esplodere: sostanzialmente, per collasso gravitazionale, nel caso di una stella massiccia (una stella molto calda e luminosa) o per esplosione termonucleare, nel caso di una nana bianca (una stella di piccole dimensioni, con una bassissima luminosità e un colore tendente al bianco).
Ora, grazie agli scienziati del Weizmann Institute of Science, in collaborazione con altri scienziati in giro per il mondo, si è riusciti a scoprire una terza tipologia di supernova. La scoperta è stata ampiamente argomentata in uno studio pubblicato sulle pagine della nota rivista scientifica Nature.
La supernova SN2005E venne avvistata per la prima volta dai telescopi nel gennaio del 2005. Fin dall’inizio gli scienziati si accorsero di alcune anomalie e iniziarono così a raccogliere e incrociare i dati raccolti da diversi telescopi situati in giro per il mondo, misurando sia l’ammontare di materiale espulso durante l’esplosione sia la composizione chimica dello stesso.
I dati raccolti risultarono però contraddittori: la supernova si trovava in una regione periferica dove non si erano mai verificate esplosioni di supernovae dal collasso di un nucleo stellare. L’ipotesi che la stella d’origine potesse essersi generata nel centro della galassia e successivamente migrata verso la zona periferica venne quasi subito esclusa:
“Ci sembrò chiaro – spiega Hagai Perets, del Weizmann Institute of Science in Israele e attualmente all’Harvard-Smithsonian Center – che ci trovavamo davanti a un nuovo tipo di supernova”.
Analizzando poi la sua composizione chimica, essa non combaciava con quella riscontrabile in supernovae del secondo tipo. Le nane bianche infatti sono composte principalmente di carbonio e ossigeno, mentre la supernova SN2005E risultava essere molto ricca in elio. SN2005E presentava inoltre livelli insolitamente alti di calcio e titanio, tipici prodotti della reazione nucleare che utilizza l’elio invece del carbonio o dell’ossigeno.
“Non avevamo mai visto uno spettro simile”, spiega Paolo Mazzali dell’INAF Osservatorio astronomico di Padova, distaccato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e attualmente ospite al Max Planck Institute for Astrophysics di Monaco. Mazzalli ha collaborato, come membro di uno dei due team internazionali, alle ricerche su SN2005E insieme ad altri colleghi provenienti dagli Stati uniti, dal Canada, dal Cile, dall’Inghilterra e ovviamente da Israele come Avishay Gal-Yam.
Gli studi sulla nuova tipologia di supernova potrebbero spiegare le alte concentrazioni di calcio presenti sia nell’universo che nel nostro corpo e dare nuova linfa vitale agli studi sui positroni, particelle di segno opposto agli elettroni generate in seguito al decadimento degli elementi che compongono la cosiddetta materia oscura: “La materia oscura – spiega Gal-Yam – potrebbe anche non esistere, ma la presenza di positroni nei processi legati a questa nuova forma di supernova ci fornisce ulteriori elementi per approfondire l’argomento”. Uno dei prodotti della supernova SN2005E è infatti una forma di titanio radioattivo che, come risultato del suo decadimento, emette positroni.
Anche se il termine “materia oscura” può sembrare, per l’appunto, piuttosto oscuro, esso rappresenta invece il termine che fisici, astrofisici e cosmologi hanno dato alla materia che non emette luce visibile, onde radio, raggi X, raggi gamma o altre tipologie di radiazioni elettromagnetiche. Si ritiene oggi che la materia oscura sia molto più consistente della materia visibile e che abbia svolto un ruolo fondamentale nella formazione della struttura dell’universo a noi conosciuto.

Michael Calimani