Che film vogliamo vedere?

Da qualche tempo ho l’impressione che su molte vicende ci si ostini a voler scegliere di vedere il proprio film, come se fossimo in una multisala dove ciascuno vede il suo, rifiutandosi di vedere quello dell’altro e magari senza conoscerne la trama. Così su molte questioni denoto talvolta posizioni o posizioni riportate che prefigurano contrapposizioni ideologiche che magari non ci sono o sono di misura diversa. Denoto anche che la stampa spesso le enfatizza in una sorta di drammatizzazione. Così per la vicenda di Torino, di fatto una questione locale, quella passata e quella presente, ma perché dovrebbe esserci il partito a favore ed il partito contro?, Perché non si può apprezzare la figura e il lavoro degli uni e degli altri, pur nelle differenti opinioni? Così, sulla questione della riforma dello statuto sul rabbinato, si è giustamente aperto un dibattito di grande spessore, che ho seguito e che mi ha fatto ragionare su molte cose e che dovrebbe portare in futuro a una sintesi, perché è ovvio che deve essere condivisa, qualunque essa sia. Da qualche settimana e precisamente dall’insediamento del nuovo Consiglio di Milano, denoto un notevole interessamento per il dibattito sulle questioni interne della Comunità milanese, probabilmente in alcuni casi può avere fondamento, però forse sarebbe stato utile approfondire o interessarsi anche prima, durante i mesi della campagna, per comprendere e far comprendere la complessità di quella realtà e il rinnovato interesse della gente, di tutti gli orientamenti, per il futuro della seconda Comunità d’Italia, o no? Invece sembra che talvolta debba risultare una “polemica”, nazionale, locale o personale che secondo me non chiarisce ne contribuisce a far capire, la complessità delle questioni. La mia non è una critica rivolta a chicchessia, ma l’invito a una riflessione e un invito a tutti, me compreso, a provare a vedere sempre anche il film dell’altro e a considerare i fatti innanzitutto e non solo come sono eventualmente riportati da altri. Non mi sembra una posizione “buonista”, ma semplice buon senso, poi ciascuno ha le sue opinioni ed è giusto che le porti avanti, me compreso.

Riccardo Hofmann, Consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane