Una medaglia per Alberta

Molti, in Italia e all’estero – e quasi tutti, in particolare, in Campania – conoscono Alberta Levi Temin. Miracolosamente scampata, a Roma, alla deportazione del 16 ottobre 1943 (alla quale sfuggì esclusivamente per la prontezza di riflessi della madre, che riuscì a nasconderla fuori al balcone, ove per fortuna i nazisti non andarono a controllare), tra i fondatori dell’Amicizia Ebraico-Cristiana di Napoli, da più di vent’anni ha dedicato la sua vita alla missione della testimonianza presso le giovani generazioni, recandosi pressoché ogni giorno in scuole medie e superiori, per raccontare ai ragazzi la propria storia, affinché da essa imparino ad aborrire ogni forma di sopraffazione e intolleranza, e ad amare i valori della pace, della solidarietà, dell’accettazione della diversità, della civile convivenza tra i popoli.
Splendidamente superato il traguardo dei novant’anni di età, il suo impegno – spesso contro le indicazioni prudenziali di medici e figli – non è diminuito: “Siamo ormai in pochi – dice – a potere testimoniare. Devo farlo”.
Per decine di migliaia di scolari e studenti, Alberta è stata una figura importante, che ha insegnato loro – da amica, non “ex cathedra”, e senza mai “fare le prediche” – qualcosa di fondamentale, che non si trova nei libri, e che potrà aiutarli a comprendere il significato e la responsabilità dell’essere uomini, a costruire con dignità e consapevolezza una propria identità di cittadini liberi e attenti, esigenti verso sé stessi prima che verso gli altri, poco inclini alle logiche “del branco”, diffidenti nei confronti delle varie sirene dei “cattivi maestri”.
Alla figura di Alberta – alla tragedia che l’ha sfiorata, e che ha invece inghiottito tanti suoi fratelli, e al suo ruolo di testimone ed educatrice – sono stati dedicati diversi libri, come La parla ebreo, di Rosetta Loy, La storia di Alberta, scritto dagli studenti della scuola media De Curtis di Casavatore, o Poesie per Alberta, che raccoglie i più significativi componimenti poetici a lei dedicati dagli scolari che l’hanno incontrata. Importanti riconoscimenti pubblici le sono stati tributati, come il “Premio per la Pace Giuseppe Rossetti” o “Il Premio Campania per la Pace e i Diritti umani” della Regione Campania. Alberta si considera già ampiamente gratificata dall’attenzione, dalla partecipazione umana e dall’amicizia di tutti i ‘suoi’ innumerevoli studenti, e – schiva e modesta di carattere – non è certo in cerca di altri onori, ma credo che il nostro Paese abbia il dovere, verso sé stesso, di sottolineare l’enorme contributo che ella ha dato e continua a dare per la crescita del nostro patrimonio più prezioso, le nostre uniche “riserve petrolifere”, ossia le coscienze delle giovani generazioni, mai come in questi tempi abbandonate a sé stesse, in un pericoloso vuoto di valori (“la tua memoria è segnata. Ora lo è anche la mia”, scrive, in una delle Poesie per Alberta, la studentessa Giulia Musella). Rivolgiamo pertanto un pubblico appello al ministro degli Interni e al presidente della Repubblica italiana, affinché, ai sensi della Legge 2 Gennaio 1958, n. 13 (Regio decreto 30 aprile 1851, n. 1168) sia conferita ad Alberta Levi Temin la Medaglia d’oro al valore civile, atta a premiare quei cittadini che con la loro azione abbiano concretamente operato “per il bene dell’umanità e per tenere alti il nome e il prestigio della Patria”. Chi, più di Alberta, la merita?

Francesco Lucrezi, storico