Tishà Be-Av
Dal punto di vista didattico Tishà Be-Av è una ricorrenza strana: non capita mai durante l’anno scolastico e quindi rischia di essere un po’ trascurata nelle scuole ebraiche. In compenso ha il vantaggio di arrivare sempre durante le vacanze. Nei miei ricordi il 9 di Av è legato spesso al mare o alla montagna, a Israele o ai campeggi della FGEI, una volta persino a Oxford (dove mi sono sentita a casa come mai avrei immaginato). Confesso che quando ero piccola non vedevo l’ora che arrivasse Tishà Be-Av e succedessero tante cose insolite: i grandi che si sedevano per terra come noi, tutte le luci spente, cantare al lume di candela e al momento giusto ripetere “ohi”. Anche il divieto di salutare per me aveva il fascino di un’inconsueta rottura delle regole, come l’obbligo di mangiare appoggiati al seder di Pesach. Tutto questo non ha impedito che piano piano, leggendo le Lamentazioni e gli altri testi, imparassi a ragionare sul significato della ricorrenza, così come a Pesach si comincia dall’Afikomen e dai canti e si arriva a riflettere su libertà e liberazione. Anche il ricordo di eventi luttuosi, come quello di eventi lieti, ha una sua didattica, fatta non solo di riflessioni teoriche ma anche di gesti concreti.
Anna Segre, insegnante