Benamozegh, il cristianesimo e il «disprezzo del corpo»

Nel suo libro Morale ebraica e morale cristiana del 1867 Elia Benamozegh (1823-1900), il grande rabbino di Livorno, pur gettando ponti, critica a più riprese il cristianesimo. Fra l’altro tocca un punto di grande attualità.
Sostiene che l’equilibro dell’ebraismo viene sbilanciato dal cristianesimo verso la spiritualità. Le conseguenze sono gravi. Perché la proclamazione avventata del regno dello spirito porta ad un «disprezzo del corpo». E da questo disprezzo non risultano solo «prodigi di virtù». Al contrario, come la storia prova, possono derivare paradossalmente anche «il più vile materialismo, la licenza più sfrenata, l’immoralità più mostruosa».
Abbandonato a se stesso, il corpo reagisce e si ribella con intemperanza e sregolatezza. A differenza della morale ebraica, quella cristiana va così incontro ad una inevitabile «degenerazione». E non si tratta solo di un incidente. A provocarla sono gli stessi fondamenti teorici del cristianesimo. Ecco perché al suo interno si ripetono – scrive Benamozegh – fenomeni di «immoralità istituzionale».

Donatella Di Cesare, filosofa