…Livorno
La scelta di Livorno come città capofila per la Giornata della Cultura Ebraica ha molti significati: alcuni consueti (di solito la scelta è stata per realtà ebraiche piccole, periferiche, che si trattava di mettere al centro rispetto a quelle più consolidate), altri specifici. Vorrei invitare a riflettere su uno che mi sembra specifico. Livorno ebraica nel secondo dopoguerra ha vissuto una metamorfosi che ha una data precisa ed è il giugno ’67. Dentro a quella crisi politica, che è anche culturale, gli ebrei italiani si trovano per la prima volta, dal 1945, a misurarsi con la loro identità collettiva e non più solo con la loro storia privata o personale. Uno degli effetti di quella crisi, è l’incontro con un nuovo esodo ebraico che sceglie l’Italia come territorio di insediamento e che ha una forte identità collettiva ebraica che arriva non come somma di individui, ma come come “comunità”: ovvero gli ebrei che vengono dai paesi arabi o da società a maggioranza religiosa islamica e soprattutto il mondo ebraico libico. Il passaggio di questa fase è dal mondo ebraico italiano, quale si è espresso a partire dal ‘400 in forma più o meno stabile, alla presenza ebraica in Italia che include che non ci sia più un solo tipo di paradigma culturale o di storia di gruppo e che ha il problema di “coabitare” o di confliggere per l’affermazione di una “egemonia” e dove il confronto è sulla continuazione degli usi locali, o il loro mescolamento e dunque la perdita, per alcuni, delle coordinate di autoriconoscimento; per altri la possibilità di portare altrove ciò che si era dovuto lasciare forzatamente indietro. E’ così improprio pensare che più che il passato, al centro della Giornata della Cultura Ebraica ci sia il presente e le forme di coabitazione del futuro?
David Bidussa, storico sociale delle idee