Redazione aperta – Svevo, Joyce e l’identità ebraica
Italo Svevo è stato l’oggetto di una lezione che il professor Alberto Cavaglion ha tenuto alla redazione del Portale dell’ebraismo italiano e del giornale Pagine Ebraiche. L’incontro ha avuto luogo all’interno del museo sveviano di Trieste, “un luogo dal forte valore simbolico per me – ha spiegato lo storico piemontese – perché mi ricorda i miei anni verdi: da giovane studente di letteratura ero molto appassionato dell’autore de La coscienza di Zeno e di Senilità, e questo interesse mi portò a una frequentazione assidua del capoluogo giuliano”. Solo in un secondo momento il professore ha dato ai suoi studi un indirizzo più storico, abbandonando “la ridicola e dannosa letteratura, come viene definita proprio nel romanzo più celebre di Svevo”.
La conversazione si è soffermata sul rapporto di un autore dall’identità composita come Svevo con la sua tradizione. “Come disse Umberto Saba, Svevo pensava in tedesco, parlava in triestino e scriveva in italiano”. Dal punto di vista filosofico, l’autore era senz’altro un non credente. “L’ebraismo di questo agnostico convinto somigliava a un amore proibito, adulterino” ha raccontato Cavaglion. Ettore Schmitz (il vero nome di Svevo), figlio della borghesia ebraica triestina, si convertì al cattolicesimo per poter sposare Livia Veneziani. Ogni ritorno di Svevo alle sue origini era vissuto come una sorta di tradimento della moglie cristiana e del suo pensiero rigorosamente agnostico. Sulla carta d’identità, alla voce: religione, mantenne per tutta la vita la dicitura Konfessionlos, senza religione, consentita solo nella Trieste asburgica. “Nonostante ciò – spiega Cavaglion – non recise mai del tutto i legami con la religione dei Padri: nella sua vicenda biografica quanto nella sua produzione letteraria sono ravvisabili tracce di un travagliata ma ineluttabile relazione”.
“Elizabeth Schlechter, un’italianista inglese molto apprezzata – cita il professore – si sta occupando dell’ebraismo come tema sveviano: ha pubblicato, purtroppo solo in lingua inglese, uno dei migliori saggi critici in circolazione sull’argomento”.
Episodio centrale, nella vita di Ettore Schmitz come in quella di Zeno Cosini, fu la morte del padre: determinò un riavvicinamento profondo alla religione. “D’altronde – ha spiegato il professore – anche da un punto di vista strettamente letterario, il motivo del rapporto padre-figlio è un filone importantissimo dell’ebraismo mitteleuropeo del ventesimo secolo. Basti pensare a Franz Kafka e Sigmund Freud…”
A margine della lezione Cavaglion ha voluto esprimere il suo apprezzamento per le innovazioni dell’ultimo anno nell’ambito dell’informazione ebraica. “Siete un segno inatteso – ha detto rivolgendosi ai praticanti giornalisti – della vitalità dell’ebraismo italiano”. Cavaglion, prezioso collaboratore del Portale dell’ebraismo e del giornale Pagine Ebraiche, ha espresso il proposito di seguitare a fornire il suo contributo e il suo incoraggiamento al progetto. Ha poi voluto concludere l’incontro con un consiglio personale che rivolge a tutti i giovani: “La coscienza di Zeno va letta una volta passati i quarant’anni”.
Manuel Disegni