dualismo…
Il profondo pensiero di Donatella Di Cesare ha messo in evidenza come nella tradizione ebraica il corpo umano non viene né divinizzato, né rinnegato. Esiste una correlazione tra spirito e materia, tra cielo e terra, tra la creazione del mondo e la creazione dell’uomo. La terra, il corpo dell’uomo, quell’aspetto per cui gli uomini sono creature fragili, destinate a tornare alla polvere, è propriamente il contenitore di quello che in noi è sacro, lo spirito divino. Non che la terra rappresenti la negatività: tutto il creato è cosa buona (tov), e l’uomo è molto buono (tov me’od). Il corpo non è nemmeno considerato come una prigione dell’anima, come per il greco Platone; il mondo corporeo è piuttosto paragonato ad un palazzo dove abita il soffio divino. Anche per questo motivo il corpo umano va custodito con cura. Noi ebrei siamo tenuti ad osservare 613 precetti, 365 comandi negativi e 248 comandi positivi. Anche questi numeri ci indicano l’attenzione che è rivolta alla corporeità: 365 sono, infatti, i giorni dell’anno, e 248 sono le parti del corpo umano. Ogni momento nel tempo e ogni parte del corpo sono coinvolti nell’osservanza dei precetti. Ma è soprattutto il nostro corpo a essere il luogo dove si esercita questa kedushà. Non è un caso che la maggior parte dei precetti attingono alla sfera alimentare e alla sfera sessuale della vita umana. Dunque, nulla di più lontano dall’ebraismo delle posizioni di edonismo sfrenato o di astinenza e di forme di ascetismo. Spirito e materia, anima e corpo. Un dualismo che non è dualismo, e che non può essere posto in parallelo con il bello e con il brutto, e soprattutto con il buono e con il cattivo. L’uomo è pur sempre un essere a sé che non s’identifica né con gli animali e neppure con gli angeli. Non è solo materia o solo spirito, perché c’è spirito nella nostra materialità e materia nella nostra spiritualità.
Roberto Della Rocca, rabbino