Il difficile cammino dell’integrazione

Notizie banali che aiutano a capire chi siamo. Prendiamo un episodio di domenica, l’incidente di un pullman tra il casello di Varazze e Celle Ligure. All’interno di un tunnel scoppia un incendio, probabilmente causato da un cortocircuito del televisore di cabina, e 18 passeggeri rimangono intossicati. Va peggio ad uno di loro, Procopio De La Cruz, di anni 50, deceduto per soffocamento, e a una ragazza trasportata in elicottero all’ospedale di Genova attualmente in coma famacologico. Fin qui il fatto, tranquillamente catalogabile tra le decine di incidenti automobilistici domenicali.
L’accaduto però ci apre uno squarcio su una piega sconosciuta della nostra società: ogni fine settimana centinaia di persone – in questo caso di origine filippina – lasciano le nostre case e le nostre città – in questo caso Milano – per farsi un bagno al mare, mangiare un gelato, incontrare mogli e figli, fidanzati e cugine, liberi solamente il giovedì pomeriggio e la domenica. Un popolo silenzioso di persone che custodisce le nostre case, i nostri anziani, i nostri giardini, che pulisce i nostri uffici prima del nostro arrivo, che prende corpo in una domenica di luglio. Per un giorno queste persone non vivono in funzione dei loro datori di lavoro, né in funzione dei parenti lontani cui spediscono i soldi sudati con grande fatica. Con 40 euro andata e ritorno si ritrovano fianco a fianco ad abbronzarsi con ogni altro italiano.
Quando si parla di integrazione occorrerebbe forse partire da qui. Dalla realtà. Una realtà fatta di immigrati titolari di migliaia di imprese, che consumano e producono ricchezza, che sgobbano come matti, e che nella maggior parte dei casi condividono le nostre stesse aspirazioni, come quella di farsi un tuffo nell’acqua fresca senza, possibilmente, restare imbottigliati sull’autostrada. Un paese che non vuole vedere il progresso silenzioso e quotidiano di questi nuovi italiani, ma che anzi cerca di sbarrare la strada dell’integrazione con leggi liberticide e discriminatorie (nazionali e locali), è un paese che rischia di perdere il treno decisivo. Un treno in cui talvolta può capitare di fare brutti incontri, ma che è l’unico in partenza.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas