Redazione aperta – Ebrei e arte di frontiera
Museo Revoltella, galleria d’arte moderna di Trieste, questa la tappa del penultimo giorno dell’iniziativa Redazione aperta. Ad accogliere i praticanti giornalisti dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, all’ingresso del museo di Trieste, situato nel centro della città a poca distanza dalla riva del mare, c’era Roberto Curci, giornalista, scrittore e critico d’arte. Una guida d’eccezione per un viaggio nell’arte triestina fra Ottocento e Novecento.
Fra le tele che hanno attirato maggiormente l’attenzione della redazione quelle di tre artisti ebrei: Gino Parin, Vittorio Bolaffio e Arturo Nathan. Parin, il cui vero nome era Federico Pollack, è stato il più celebre fra i tre, il più prestigioso, forse anche per il conformismo delle sue opere, molto apprezzato dalla borghesia del tempo, cui lui stesso apparteneva.
Il suo soggetto preferito era Fanny Lackenbacher, moglie dell’ingegnere ebreo Moise Mario Tedeschi, che compare in un grandissimo numero di disegni e oli dell’artista, a partire dal 1911 e fino alla morte prematura della donna, avvenuta nel 1927 (nell’immagine a fianco una delle tele di Parin custodite nel museo, una pittura – olio su tela). Nathan (fra gli artisti preferiti di Vittorio Sgarbi, ha rivelato Curci) produsse invece opere funeste e angoscianti.
Non si arricchì mai con i suoi lavori, dipinse sempre per risolvere i suoi problemi interiori, per curare il suo forte stato depressivo, seguendo così il consiglio del suo psicanalista, Edoardo Weiss (lo stesso medico di Italo Svevo), il primo allievo di Sigmund Freud.
Fra le opere di Bolaffio, famoso per avere ritratto anche lo scrittore Umberto Saba, ci si è soffermati sulle sue raffigurazioni della zona del porto di Trieste, ma anche sul Ritratto del signor Battilana (nell’immagine a fianco). Anche in questo caso, come in parte accade per Nathan, “l’indagine sconvolge il dato reale nella ricerca di uno scavo interiore esasperato”. Sono opere angoscianti, cupe. Bolaffio muore nel 1931, gli altri due artisti sono accomunati da un triste destino. Vivono nel periodo buio del nazi-fascismo. Vengono deportati e non tornano vivi dai lager nazisti. Nathan muore a Biberach, Pollack (Parin) a Bergen Belsen, entrambi nel 1944.
Valerio Mieli