Redazione aperta – Rav Roberto Della Rocca chiude i lavori. “La sfida dell’informazione ebraica”
Trieste – Si chiude sotto una pioggia incessante l’iniziativa Redazione aperta 2010. Rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, è stato l’ultimo di una serie di incontri che hanno caratterizzato le due settimane di lavoro per i praticanti giornalisti della redazione del Portale dell’ebraismo italiano.
Il rav ha proposto alcune riflessioni su temi di scottante attualità per l’ebraismo italiano. Primo tra tutti il ruolo che ha assunto il giornale Pagine Ebraiche e gli altri prodotti informativi dell’UCEI nel dibattito interno al mondo ebraico nazionale.
“Credo che quello che sta facendo la redazione – ha affermato rav della Rocca – sia uno degli elementi più innovativi del panorama ebraico italiano degli ultimi anni. Un lavoro che sta producendo un impulso culturale e sociale, che cerca di rompere ciò che era diventato un esercizio del consenso. Di stimolare la dialettica in senso positivo. Quando circolano poco le idee, le persone cominciano a omologarsi e a cristallizzarsi su luoghi comuni e pregiudizi”.
Della Rocca si è poi concentrato sulla figura e sul mestiere del comunicatore a partire dal passo della Mishnah dove si parla della struttura del tribunale rabbinico. II sinedrio aveva la forma di un semicerchio, affinché tutti i giudici avessero la possibilità di guardarsi negli occhi. Dietro l’imputato erano presenti invece tre file di studenti. Se per qualche motivo un giudice non poteva più far parte del sinedrio, veniva sostituito per evitare che l’organo istituzionale smettesse di funzionare. A colmare il vuoto interveniva il primo studente della prima fila, facendo così avanzare tutti gli altri studenti di un posto: il primo della seconda fila diventava necessariamente l’ultimo della prima e così via. L’ultimo posto della terza fila veniva poi occupato dalla persona tra il pubblico che da piu tempo aveva potuto osservare le dinamiche processuali. Questo sistema metteva ogni membro del sinedrio nelle condizioni di avere un’esperienza specifica e di conoscere la materia del contendere.
“Similmente nella realtà ebraica italiana – spiega il rav Della Rocca – si sente molto l’esigenza di un dibattito, da affrontare però con cognizione di causa e consapevolezza”.
Oggi gli ebrei hanno l’obbligo morale di sapere chi sono, di avere cognizione delle proprie radici, di approfondire la loro cultura e di trasmetterla. L’ebraismo che ci è stato tramandato risulta però non sufficiente di fronte a una cultura dominante che ha bisogno di risposte più solide e razionali. Riguardo a questo punto Della Rocca è molto chiaro: “Il problema principale dell’ebraismo italiano di oggi è che non sente più la necessità di porsi delle domande. Molto spesso quello che l’ebreo cerca in altri contenitori esterni lo si ritrova nell’ebraismo a patto che si sappiano porre le giuste domande. Spesso poi si rimane stupiti di come nelle fonti ebraiche tradizionali si affrontino discorsi complessi e articolati su temi di pregnante attualità come l’ecologia, la psicologia, la bioetica”.
Durante la discussione si trova spazio anche per parlare del ruolo che dovrebbero assumere i rabbini, “che non sono stati fino ad oggi degli efficaci comunicatori – continua Della Rocca – perché troppo spesso si sono rinchiusi nei loro uffici invece di spogliarsi dei loro abiti ufficiali e scendere tra la gente”.
E’ però davanti agli occhi di tutti che il rabbinato italiando sta attraversando un momento d’empasse:
“Oggi i rabbini si trovano a dover fronteggiare una crisi sociale e psicologica delle comunità. Si chiede al rabbino di essere contemporaneamente psicologo, animatore, sociologo, assistente sociale, grande diplomatico e politico, Il rischio è che il rabbino per rispondere alle diverse esigenze della collettività perda di vista il suo ruolo primario di maestro e di guida spirituale”.
Riallacciandosi poi al discorso iniziale rav Roberto Della Rocca spiega quale dovrà essere secondo lui la grande sfida che dovrà affrontare la stampa ebraica: “Uno degli obiettivi da raggiungere è il rilancio della cultura ebraica, stimolando una domanda di cultura ebraica e affrontando anche in modo dialettico i temi spinosi. Non bisogna averne paura, perché come insegna la Mishnah, l’importante è affrontare ogni problematica con cognizione di causa e guardandosi negli occhi, con trasparenza e autenticità”.
Una sfida che la redazione accoglie con piacere promettendo per il futuro di non sottrarsi mai a eventuali confronti seppur serrati. Atteggiamento in linea con la tradizione ebraica dove ognuno ha la possibilità di intervenire in un dibattito e di fornire il proprio contributo alla discussione, e dove non solo vengono tollerate le opinioni discordanti, ma se ne apprezzano peraltro le diverse sfumature.
Michael Calimani