…antisemitismo

Venerdì scorso Stefano Jesurum sul “Corriere della Sera” (Se per smascherare gli Antisemiti i Poliziotti si «travestono» da Ebrei) ha sottolineato, come di fronte alle intolleranze, sappiamo ormai semplicemente sorvegliare, monitorare, trovare i colpevoli di comportamenti indecenti, inaccettabili e quindi punirli, sanzionarli (…) dimostrando così che lo Stato e la collettività hanno, di fatto, rinunciato a educare…”. Condivido e vorrei rilanciare la provocazione. E’ indubbio che le politiche volte a garantire la sicurezza registrano un consenso, più spesso riscuotono successo, comunque un plauso. Chi non si sentirebbe “tutelato” o garantito da chi continuamente ti ripete: “Mi curerò di te”? Qualcosa tuttavia in questo ragionamento non torna. Dentro e dietro a queste parole, infatti, si afferma un’idea della politica fondata sull’affidamento cui non corrisponde nessuna crescita di responsabilità. In altre parole la politica come “governo della gente”, rassicurandone le angosce. Ma la politica non è solo questo, o almeno non dovrebbe essere solo questo. Dovrebbe anche essere aiutare la gente a governarsi da sé. Ma di questo secondo profilo non si intravede un percorso, e forse, insieme alle forme possibili per definirlo e metterlo in pratica, si stanno perdendo anche le parole fino a pensarlo “impossibile”, “utopico”, “iunutile”. Un “optional”, a giudizio dei più disponibili. Un costo senza la certezza di un guadagno.

David Bidussa, storico sociale delle idee