Davar Acher – Miscele esplosive

Si fa fatica oggi, almeno stando qui in Italia, a credere nella possibilità dell’antisemitismo, quello vero, attivo, genocida che conobbero i nostri padri o nonni. Nell’Europa democratica e pacificata ci sentiamo a casa. Tendiamo ad attribuire gli episodi di odio e aggressione che subiamo ogni tanto a ricadute del conflitto mediorientale, quindi all’ambito del conflitto politico col mondo islamico, o a regressioni nell’idiozia di persone che non hanno capito la nostra fondamentale appartenenza a questa Europa, la nostra adesione ai valori espressi dalla variante progressista della cultura occidentale. Vorrei suggerire che vale la pena di pensarci meglio. Nel 1916, mentre gli eserciti europei si distruggevano in trincea, un filosofo di vaglia come Hermann Cohen, discendente di una famiglia rabbinica ed egli stesso profondamente coinvolto – a modo suo, beninteso – nel pensiero e nella religione ebraica, pubblicò un libro – “Deutschtum und Judentum“, “Germanità ed ebraismo” -, in cui proponeva intorno all’idea del messianesimo e all’etica del dovere un’identità fondamentale delle due culture, di cui presto una avrebbe sbranato l’altra. L’obiettivo di Cohen era appoggiare la Germania in guerra, come fece Tomas Mann con le “Considerazioni di un impolitico” e allo stesso tempo legittimare l’ebraismo come elemento tedesco agli occhi dei nazionalisti che ne diffidavano. L’antisemitismo gli sembrava un elemento minore o resideuale della cultura tedesca, da battere con la lealtà allo Stato e la pedagogia della ragione. Il sionismo, ai suoi occhi come a quelli di molti ebrei del suo tempo, era un pericoloso tradimento, che rischiava di mettere in pericolo l’ideale insediamento ebraico emancipato nella civile Europa. L’anziano filosofo, per sua fortuna fece in tempo a vedere la sconfitta dell’impero guglielmino ma non l’avvento del nazismo.
Non rischiamo di essere noi stessi oggi in una posizione analoga? L’identificazione dell’ebraismo europeo e americano con il progresso civile e sociale delle società in cui vivono, con valori come la giustizia sociale e l’emancipazione dei popoli, non rischia di essere altrettanto illusorio? E soprattutto, è davvero morto con le giornate della memoria e le visite ad Auschwitz e i musei della Shoà e i bigliettini papali nel Kotel l’antisemitismo, quello profondo, che si cerca una base culturale antica? C’è da dubitarne. Vorrei oggi dare solo un indizio di tipo culturale. Il 29 luglio scorso il molto rispettabile quotidiano Liberal, di area Udc, diretto da Ferdinando Adornato (dopo la scomparsa di Renzo Foa, primo direttore), nel cui comitato di redazione siede Rocco Buttiglione, ha pubblicato un articolo di Ernst Nolte, reperibile nella rassegna stampa del Portale dell’ebraismo italiano www.moked.it
In realtà una lunga recensione del libro di E. Michael Jones “The Jewish Revolutionary Spirit” in cui si leggono frasi del genere: “L’autore, E. Michael Jones, intitola il primo capitolo La Sinagoga di Satana , riferendosi ai passaggi contro gli ebrei del Vangelo di Giovanni, mentre il quarto capitolo ha come titolo The Revolution arrives in Europe, con cui si intende il movimento hussita, e il giudizio sui taboriti è particolarmente negativo, come del resto quello su Thomas Miintzer, sugli anabattisti di Miinster, e in generale sulla Riforma. In tutti i casi Jones sottolinea l’influenza ebraica, e non solo quella dell’Antico Testamento, e non pochi passaggi suscitano l’impressione di provenire da una raccolta di testi antisemiti. Ma questa impressione è sbagliata, perché Jones si appropria qui delle linee fondamentali dell’interpretazione cattolica e della sua posizione molto critica nei confronti degli ebrei. Essa tuttavia, nonostante le numerose asserzioni contrarie, non è mai stata antisemita nel senso di un giudizio sul piano etnico o razziale , ma si fonda sulla decisione di alcuni ebrei, sebbene certamente non si tratti di pochi. di non riconoscere Gesù Cristo come Messia, e anzi di rifiutano fino alla crocifissione. Non c’è quindi alcun dubbio sul fatto che Jones potrebbe senza alcuna riserva ammettere fra i cristiani un ebreo convertito al Cristianesimo, cosa che nessun antisemita accetterebbe mai. La particolarità e l’eccezionalità di questo libro stanno piuttosto nel fatto che l’autore ha il notevole coraggio di fare propria una concezione per così dire cattolica tradizionalista, respinta persino dalla Chiesa Cattolica del Concilio Vaticano Il, e di proporre un’ampia interpretazione della storia in cui la maggior parte di ci che viene considerato generalmente uno sviluppo positivo viene rovesciato e valutato come un’opposizione alla Chiesa Cattolica. […] Il libro è diretto inoltre contro il millenarismo terreno e i falsi Messia , che molto difficilmente avrebbero potuto farsi strada e guadagnare credito senza il decisivo aiuto delle forze ebraiche , intese come ostili a Cristo. Rendere noti e descrivere questi rapporti conferisce un valore storico al libro, che è estremamente ricco di notizie, e sebbene Jones sia molto lontano dallo sminuire la durezza delle persecuzioni degli ebrei nell’Europa cristiana, non tralascia di considerare le responsabilità degli stessi ebrei nell’origine di esse. Gli ebrei non appaiono ai suoi occhi un popolo meramente perseguitato di paria, ma una potenza storica mondiale, come i marranos che in Spagna furono vicini a prendere il potere, o come i profughi che resero Anversa la capitale dell’economia mondiale. L’influenza ebraica era già rintracciabile nella Rivoluzione Francese, ma secondo Jones gli ebrei giocarono un ruolo significativo anche nella Rivoluzione europea del 1848, e la loro partecipazione costituì un importante impulso per la Rivoluzione Russa, che produsse come contraccolpo la reazione (uguale se non ancora più terribile) del nazionalsocialismo tedesco. […] Nelle ultime frasi del libro, a pagina 1076 ss. si legge quanto segue: «Gli ebrei non sono mai stati più potenti; la Chiesa, antagonista della sinagoga di Satana, non è mai stata più debole. Ma le apparenze possono ingannare. Benedetto XVI, autore del Dominus Iesus, ha detto persino prima di divenire papa che rimaneva in attesa della conversione degli ebrei. L’inversione di tendenza era nell’aria» […] Ma sarebbe corretto dire questo: la contrapposizione tra la vecchia religione ebraica e quella cristiana più giovane è stata una delle più lunghe e significative della storia del mondo, e ci sono stati momenti in cui la vicenda dell’ebraismo è apparsa priva di prospettive. Oggi è la situazione della Chiesa Cattolica ad apparire senza prospettive, anche perché gran parte dell’ebraismo è stato vittima di un tentativo di annientamento condotto da un uomo che, pur avendo condannato in dichiarazioni non ufficiali il cristianesimo già nel 1920 come nemico della vita, era tuttavia cresciuto in un ambiente cattolico, dal quale aveva potuto trarre e utilizzare in chiave antisemita alcune critiche all’ebraismo. Sembra non esserci altra via d’uscita se non quella di una giudaizzazione come fondamento del futuro cristiano, eventualità che Jones descrive sempre in termini negativi. Ma è una dimostrazione di grande coraggio non ignorare una delle linee guida di duemila anni di storia mondiale, ma, contro tutte le ragionevoli speranze e aspettative, riprenderla nuovamente, per verificare se ciò che sembra negativo e senza prospettive abbia anche correnti positive, che possano contrastare un’affrettata dimenticanza e un’interpretazione semplicistica. Il risultato difficilmente corrisponderà alle aspettative dei combattenti della resistenza, ma potrebbe apportare nuove intuizioni e prospettive alla mancanza di alternative di un pensée unique, soddisfacendo inoltre i principi della scienza meglio dell’infinita ripetizione di formule vere solo in parte. Perciò credo che sia opportuno congratularsi con l’autore di questo libro.”
Mi scuso della citazione molto ampia. Ma che questo testo sia stato pubblicato su un giornale di centro cattolico (che peraltro conta fra i suoi collaboratori anche Tariq Ramadan, senza suscitare, a quel che ne so, né critiche né polemiche, che il suo autore sia uno storico assai discusso per l’idea della “guerra civile europea” e del nazismo come semplice reazione al bolscevismo, ma rispettato negli ambienti conservatori, è certamente un segnale, come l’interpretazione di Jones del papato attuale, che Nolte appoggia. Vi sono oggi le condizioni di un antisemitismo militante, che mette insieme ex- e neo-comunisti, conservatori radicali o neo-fascisti, e naturalmente militanti islamici, il cui odio per gli ebrei è giustificato dal terzomondismo progressista dominante. E’ una miscela esplosiva, contro cui non bisogna smettere di vigilare.

Ugo Volli