Hegel e lo Shabbat

Hegel fu tra i filosofi che si fecero promotori dell’emancipazione degli ebrei. Ma questo non gli impedì di essere profondamente anti-ebraico e di pronunciare giudizi molto gravi che riflettono la diffamazione volgare legittimandola filosoficamente.
Colpisce in particolare la sua sprezzante condanna dello Shabbat. Negli Scritti teologico-giovanili, dove all’ebraismo vengono dedicate pagine dure e liquidatrici, antichi stereotipi si mescolano a nuove riprensioni e condanne. E a proposito dello Shabbat Hegel osserva: questo «riposo dal lavoro» può essere gradito solo «a chi è schiavo», non «agli uomini liberi e vivi». Perché «tenersi un intero giorno in un vuoto completo, in un’oziosa unità di spirito, fare del tempo dedicato a Dio un periodo vuoto, e far ritornare così spesso questo vuoto», poteva capitare solo a un popolo in grado di sopportare il vuoto supremo, a un popolo che crede che la vita, pur provenendo da D-o, sia a D-o «estranea».
Era in effetti molto lontano Hegel dall’aver sia pure lontanamente intuito la Presenza ineffabile del D-o di Israele, quel Vuoto separato e estraneo da cui ogni settimana il popolo ebraico trae sovranamente la forza di ricominciare.

Donatella Di Cesare, filosofa