Qui Locarno – Il grande omaggio al tocco di Lubitsch
Il leggendario Pardo del Festival del Cinema di Locarno spicca quest’anno un balzo che appassionerà i cultori del tocco ebraico nel triangolo Vienna-Berlino-Hollywood. Al margine della competizione ufficiale, il grande Festival del cinema indipendente (che ha aperto i battenti sulla piazza Grande della città il 4 agosto e si concluderà il prossimo 14 agosto) regala ai cinefili una retrospettiva completa dedicata a Ernst Lubitsch. Regista, sceneggiatore, attore e soggettista, Ernst Lubitsch (Berlino 1892–Los Angeles 1947) ha cambiato la storia del cinema americano e di quello europeo aggiungendo quel pizzico di yiddishkeit che non avrebbe più abbandonato (o quasi) il cinema d’autore statunitense. Considerato un maestro da molti suoi contemporanei, e più tardi dai registi della nouvelle vague, Lubitsch è stato tra i primi registi ad avere l’onore di vedere il suo nome collocato prima del titolo sui manifesti e negli elenchi del cast. La sua carriera è cominciata nel 1911, come attore teatrale al Deutsches Theater di Berlino: Lubitsch recitava in innumerevoli ruoli e uno dei registi che lo diresse più spesso fu Max Reinhardt. A partire dal 1913 inizia a lavorare anche nel cinema, che diventa la sua passione. Dirige film muti nei quali recita anche come protagonista. Prima del 1918 gira soprattutto film slapstick, dove lo ritroviamo a interpretare anche la parte di un commesso di negozi di scarpe nella Berlino della prima guerra mondiale nel film Pinkus l’emporio della scarpa (Schuhpalast Pinkus) del 1916. Nel 1920 riadatta Shakespeare in Romeo e Giulietta sulla neve (Romeo und Julia in Schnee), gustosissima commedia montana. Dopo il successo di Madame du Barry con un eccezionale Emil Jannings (che interpreta anche la parte di Enrico VIII in Anna Bolena), nel 1922 l’attrice americana Mary Pickford invita Lubitsch a Hollywood per il film Rosita (1923), dove l’ebreo berlinese inizia una nuova carriera che lo porta a dirigere le più famose attrici dell’epoca come Marlene Dietrich, Greta Garbo, Carole Lombard e Miriam Hopkins. Negli anni trenta dirige alcuni dei suoi capolavori: da Mancia competente (Trouble in paradise, 1932), storia di ladri e alberghi di lusso dove bugie e verità si inseguono in un continuo gioco di specchi, a La vedova allegra (The Merry Widow, 1934), ambientato in un fantastico reame d’operetta che testimonia l’origine mitteleuropea del regista; da Angelo (Angel, 1937), in cui si affaccia una vena di asciutto cinismo, alla satira politica di Ninotchka, 1939), il cui celebre lancio pubblicitario recita: “il film dove Greta Garbo ride” (“Garbo laughs!”). Celebre la sua parodia di Hitler in Vogliamo vivere! del 1942, ispirato alla piece teatrale Noch ist Polen nicht verloren del drammaturgo ungherese Melchior Lengyel. Nel 1947 ottiene l’Oscar alla carriera. Morì a Bel Air (Los Angeles) durante le riprese di La signora in ermellino (That Lady in Ermine), film terminato da Otto Preminger.
gv – Pagine Ebraiche, agosto 2010