Qui Livorno – Visti da Livorno…
“Dayenu/Ci sarebbe bastato”, avrebbero potuto dire, come nell’Haggadah di Pesach, i livornesi di scoglio citando la celebrata sentenza dantesca: “Ahi Pisa, vituperio de le genti…”. Ma l’accortezza che deve avere il buon navigante fece in modo che altre precauzioni, ad abundantiam, venissero prese e quindi, oltre alla celeberrima massima sui pisani che si trova ovunque nel mondo, si pensò anche opportuno dichiarare, con tanto di cartello al confine nord, la natura di Livorno quale “Comune depisanizzato”. E quando, più di due decenni fa, parve imminente un ampliamento del porto labronico che avrebbe potuto, secondo una delle ipotesi, allungarsi in territorio pisano, verso la mezzanotte del terzo giorno di discussione, nell’aula comunale che ospitava le serrate ed estenuanti riunioni, riecheggiò un’altra sentenza che pose fine al dubbio: “E poi sia mai che si veda un portuale pisano!”. Un vero e proprio minhag, quindi un rito caro alla città quanto quello liturgico alle Comunità ebraiche (Livorno in particolare), per mettere ben in chiaro l’alternatività livornese alla pisanità che per un certo periodo fu alimentato anche dal calcio. Poi, se Livorno non si è fatta mancare alti e bassi, i pisani puntarono dritti e decisi al basso e la questione scemò: la crisi è evidente se, di recente, anche la loro beneamata Torre pendente ha perso il discutibile primato battuta dal Capital Gate di Abu Dhabi. I pisani vi parleranno orgogliosi della loro università mentre i livornesi vi diranno che sono lieti di poterla frequentare, avendola a due passi, ma che sul mare proprio non ce la vedrebbero. In effetti andarono controcorrente proprio gli ebrei che fecero di Livorno un grande centro di studi anche perchè, ammettiamolo, una bella vista e aria bona non dispiacevano nemmeno agli illustri Maestri tanto che Benamozegh, così si riporta, una sola volta si recò a Pisa e, se non ricordo male, lo fece comunque per sentire un eccelso oratore non pisano. D’altra parte, e qui chiudo con i duri (per i pisani) confronti, si pensi che la festa popolare più sentita di Livorno è il Palio marinaro, appunto all’aria bona e magari poi con un bel tuffo, mentre loro si divertono (?!) con il cosiddetto Gioco del ponte nel quale, immersi nel caldo torrido del cemento cittadino, si dilettano a spingere un carrello lungo un binario appositamente montato sul Ponte di mezzo, sudando inverosimilmente… Potrebbe ora chiedersi il gentile lettore se l’alternatività, più che rivalità, tra livornesi e pisani abbia riguardato e riguardi anche le due vicinissime Comunità ebraiche. A mia sensazione direi di no, almeno sotto un aspetto peculiare ebraico. Per quanto la vicinanza a Livorno abbia ovviamente comportato dei contatti e degli influssi (nel rito e tra le persone), pare plausibile affermare che la vita si sia svolta in parallelo ma in separata vicinanza, forse dovuta al fatto che quei pochi chilometri effettivamente sembravano non dare il senso di due centri ebraici separati. Oggi più che mai sarebbe opportuno e utile rafforzare le collaborazioni tra Comunità vicine, almeno a livello regionale. Opportunità che il nuovo eventuale Statuto dovrà cercare di incentivare, più che far calare dall’alto (ricordiamo comunque che i consorzi sono già possibili). Non si tratta di archiviare una sana e ironica competizione bensì, come appare logico, di ottimizzare le risorse disponibili per migliori risultati per tutti. E poi che le cose cambino lo si vede anche da questo siparietto, opera di un ferrarese – livornese e di un romano – pisano.
Gadi Polacco, Consigliere Ucei, Pagine Ebraiche – agosto 2010