Qui Livorno – …Visti da Pisa

Come iscritto alla comunità di Pisa non posso che congratularmi per la scelta di dedicare questo Dossier a Livorno, rammentando gli stretti legami, la stima reciproca e direi perfino l’affetto che unisce le due città. Si tratta, come sapete, di due centri molto vicini tra di loro (meno di venti chilometri l’uno dall’altro) e nel contempo così diversi da essere complementari: Livorno è adagiata sul mare ed è una tipica città portuale, di nascita recente; Pisa dista dal mare dieci chilometri ma è stata repubblica marinara, in un lontano, fulgido e ben presente passato. Livorno è famosa in Toscana per lo spirito mordace dei suoi abitanti, intenti a scrivere frasi di dileggio su Pisa e i pisani in ogni angolo del pianeta in cui si trovino (una delle scritte più celebrate si trova al polo nord). Pisa è famosa nel mondo per la sua torre non perfettamente perpendicolare alla terra e anche per l’università, la Scuola Normale e la Scuola Sant’Anna. Livorno ha dato meno alla cultura e all’arte (se si eccettuano Modigliani e pochi altri), ma in compenso si è saputa ritagliare un proprio spazio nell’editoria mondiale dando vita a una rivista specializzata nell’ironizzare (passatemi l’eufemismo) su Pisa e i pisani: è Livorno cronaca, meglio conosciuta come Il Vernacoliere, che si trova ormai nelle edicole di molte città, inclusa Roma. Credo sia il caso più unico che raro di una rivista pensata e scritta in vernacolo che spezza qualsiasi confine e diventa un fenomeno di esportazione, grazie al ruolo giocato da Pisa e dai pisani. Era il lontano maggio 1986 e l’esplosione di Chernobyl terrorizzava buona parte del pianeta. Il Vernacoliere colse la palla al balzo per titolare: “Nuvola atomi[c]a: primi spaventosi effetti delle radiazioni: è nato un pisano furbo. Stupore ner mondo, sgomento ‘n Toscana”. Insomma, le due città sono un binomio indissolubile, così come le comunità ebraiche che vi risiedono: quella pisana, antica (una presenza ebraica è attestata già da Beniamino da Tudela) e complessivamente stabile come popolazione (non ha mai superato i 600 iscritti); quella livornese, nata insieme alla città sullo scorcio finale del Cinquecento che ha conosciuto periodi di grande sviluppo anche demografico e ha dato i natali a Elia Benamozegh. Due comunità dunque molto vicine, che hanno avuto la fortuna di vivere in città senza ghetto, e che potrebbero collaborare molto di più. Pensando – nel complesso lavoro di revisione dello Statuto cui mi sto dedicando in questo periodo come coordinatore della commissione allo scopo istituita dal Consiglio dell’Unione – al ruolo che potrebbero giocare i consorzi tra le comunità, ho sempre presente il possibile, auspicabile consorzio pisano-livornese. Concludo esprimendo la mia soddisfazione per questo Dossier e, visto che ho iniziato con una antica citazione del Vernacoliere chiudo con un’altra molto più recente, del novembre 2007, quando la rivista intitolava: “Lo spregio di papa Ràzzinghe: Un vescovo pisano a Livorno! La città si ribella: piuttosto si diventa mussurmani!”. Sarebbe davvero bello se un giorno anche il rabbino capo di Livorno fosse pisano…

Valerio Di Porto, Consigliere Ucei, Pagine Ebraiche – agosto 2010